vai al contenuto principale

Sudan, ancora sangue per la democrazia. Consiglio militare sospende negoziati con i civili

Non c’è pace in Sudan. Ancora sangue sulle strade di Khartoum che i manifestanti non vogliono lasciare. In decine di migliaia continuano a presidiare il quartier generale delle Forze armate e non smobiliteranno fino a quando non sarà rispettato l’impegno dell’avvio di un governo civile.
Almeno una decina i morti delle Rapid support force, milizie paramilitari dell’Esercito sudanese, che hanno sparato sulla folla riunita davanti al ministero della Difesa.
L’opposizione sudanese, riunita nell’alleanza Forze per la libertà e il cambiamento, ha invitato i dimostranti a non “lasciarsi intimidire” dagli incidenti degli ultimi giorni e li ha esortati a “difendere le conquiste e le vittorie” di questi mesi di protesta.

Intanto il Consiglio transitorio guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan ha deciso di sospendere per 72 ore i colloqui per trovare un accordo sulla transizione politica in Sudan. 
L’Associazione dei professionisti del Sudan (Spa), che coordina la protesta dallo scorso dicembre,  ha definito la decisione deplorevole e la condanna fermamente.
La giunta militare – al potere dall’11 aprile dopo la destituzione del presidente Omar al-Bashir – ha giustificato la sospensione affermando che “è necessario mettere fine alle difficili condizioni di sicurezza nella capitale”, dove i manifestanti hanno allestito nuove barricate stradali.

I militari hanno chiesto lo smantellamento delle istallazioni, la riapertura dei ponti e di una linea ferroviaria bloccata da presidi così come la fine delle “provocazioni” nei confronti delle forze dell’ordine, misure ritenute “essenziali” per preparare la transizione politica.

Non partono, dunque, i negoziati sulla composizione di un “consiglio sovrano” che dovrebbe gestire il potere durante il periodo di transizione di tre anni verso la democrazia su cui era stato raggiunto un accordo lunedì scorso.

La situazione è sempre più tesa. Nonostante la giunta militare continui a negare l’utilizzo delle milizie islamiche, parlando di “infiltrati” con l’0biettivo di far deragliare il tentativo di avviare un governo di unità nazionale, i leader del movimento delle proteste chiedono una commissione internazionale per indagare e accertare le dinamiche dei fatti e individuare esecutori e mandanti delle violenze. 

Torna su