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Abdel Fattah al-Burhan Ph. Credit: Ashraf Shazly/AFP

Sudan, accordo tra militari e civili per la transizione

Ad un anno dal golpe militare che mise fine al governo di transizione sorto dalla deposizione del regime di Omar El-Bashir, arriva l’intesa tra i leader delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc) e le forze militari del paese.

Sudan. Il 25 Ottobre 2021 i militari presero con la forza il potere, arrestarono il Primo Ministro Abdalla Hamdok e centinaia di appartenenti alle Forze per la libertà ed il cambiamento.

Omar El-Bashir Ph. Credit: AFP
Omar El-Bashir Ph. Credit: AFP

Queste ultime, in maniera congiunta insieme ai militari, avevano fino ad allora portato avanti il paese, dopo aver rovesciato il regime islamista ultratrentennale di Omar El-Bashir.

In poche ore il presidente del Consiglio sovrano e Capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Abdel Fattah al-Burhan, annunciò lo scioglimento del Consiglio sovrano e l’imposizione dello stato d’emergenza, dichiarando che nel 2023 si sarebbero tenute libere elezioni.

Tra mercoledì e giovedì scorso è arrivato l’accordo quadro tra i militari e le Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc), la coalizione politica che raggruppa i movimenti democratici della società civile.

L’intesa, che dovrebbe tradursi entro 10 giorni in un accordo firmato tra le parti, prevede due fasi distinte per la transizione democratica del paese.

La prima prevede l’apertura di una serie di colloqui ai quali verranno invitati anche i leader di altre forze democratiche presenti nel paese. Al centro della discussione, alcune questioni centrali: la giustizia ed il sistema giudiziario, gli accordi di pace di Juba del 3 Marzo 2020, la revisione di tutte le azioni intraprese dai militari dopo il golpe del del 25 ottobre 2021, in primis la restaurazione di un governo civile.

Abdel Fattah al-Burhan Ph. Credit: Ashraf Shazly/AFP
Abdel Fattah al-Burhan Ph. Credit: Ashraf Shazly/AFP

Punti sui quali, dopo settimane di contatti e trattative, anche il generale Abdel Fattah al-Burhan si è detto d’accordo, anche se più volte ha sottolineato come una vera transizione democratica avrebbe dovuto prevedere libere elezioni.

Yasir Arman, presidente della Corrente democratica del Movimento di liberazione del popolo sudanese-Nord (Splm-N) e membro del consiglio delle Ffc e Taha Osman, leader politico delle Ffc, hanno più volte affermato in queste ore come il governo che andrà alla guida del paese sarà un governo civile. Quindi niente spazio ai militari?

Abdalla Hamdok. Ph. Credit: Hannibal Hanschke/ Reuters
Abdalla Hamdok. Ph. Credit: Hannibal Hanschke/ Reuters

Dopo oltre 30 anni di guerre civili, lotte intestine, golpe e brevissimi periodi di relativa calma, è inusuale pensare ad un Sudan del tutto pacificato proiettato verso il futuro. Il percorso verso la pacificazione nazionale è pieno di insidie e grandi sfide.

Una di queste, alla quale si dovrà mettere mano è la concentrazione del potere economico nelle mani delle forze di sicurezza e dei militari. Il regime di Omar El-Bashir si serviva infatti di una rete di funzionari degli apparati di sicurezza che oltre a garantirsi ingenti guadagni e posizioni di potere, garantivano un controllo pressoché totale sulle risorse del paese.

Una lettura del paese sulla quale alcuni report hanno fatto luce. Uno di questi, pubblicato dal Centro per gli studi avanzati di difesa (Center for Advanced Defense Studies) avrebbe ricostruito , attraverso un’analisi del recente conflitto sudanese, un quadro piuttosto cupo del Sudan.

Il golpe del 25 Ottobre 2021 sarebbe stato determinato dall’estremo tentativo dei militari di scongiurare appunto lo smantellamento di questa rete. Le forze civili alla guida del governo di transizione, attraverso il Regime Dismantlement Committee, un comitato nato per smantellare il “deep state” creato ad arte dal regime, avevano più volte annunciato la volontà di azzerare la corruzione e le posizioni di potere e di recuperare il controllo sui beni del paese finiti nelle mani di privati.

Il Regime Dismantlement Committee in poco meno di un anno di attività aveva emesso numerosissimi provvedimenti, attraverso i quali lo stato era tornato in possesso di molti beni pubblici fino ad allora in possesso di affiliati al regime di El-Bashir, rimuovendo centinaia di funzionari da posizioni di potere, smantellando una vera e propria rete di aziende e associazioni artefatte dal regime, tesa al controllo sistemico delle risorse statali.

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