Il 31 maggio scade l’embargo delle Nazioni Unite, entrato in vigore il 13 luglio 2018, sulle armi destinate al Sud Sudan e il 27 maggio il Consiglio di sicurezza si riunirà per decidere se rinnovarlo o meno.
Invece di prendere quella che Amnesty International ha definito una decisione avventata che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per i diritti umani, il Consiglio di sicurezza dovrebbe individuare una serie di condizioni soddisfatte le quali la fine dell’embargo sulle armi potrebbe essere presa in considerazione: la fine dei crimini di diritto internazionale, una profonda riforma dei servizi di sicurezza e l’istituzione di un Tribunale ibrido per assicurare giustizia.
Queste condizioni sono tuttora lontane dall’essere raggiunte: le forze di sicurezza continuano a reprimere la libertà d’espressione e di stampa e, insieme ai gruppi armati, continuano a commettere gravi violazioni dei diritti umani, tra cui incendi di interi villaggi e stupri di massa.
La situazione rimane precaria, dunque, e l’embargo sulle armi dovrebbe essere rafforzato piuttosto che tolto, dato che nel 2020 sono entrati in Sud Sudan persino veicoli blindati e continua, grazie al contrabbando, il flusso di armi leggere.