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Sud Sudan orientale: Migliaia di persone in fuga dopo nuova ondata di violenze

Intensi combattimenti hanno costretto ancora una volta migliaia di persone a fuggire nella boscaglia nel Grande Pibor, un’area nella parte orientale del Sud Sudan, dove da giorni le violenze minacciano la vita di intere comunità, avverte Medici Senza Frontiere (MSF). I nuovi e brutali scontri tra le comunità hanno costretto MSF a sospendere temporaneamente le attività mediche nella città di Pibor dal momento in cui molti membri dello staff sono stati costretti a fuggire per salvarsi la vita.

La violenza, che sembra essere un risveglio delle tensioni tra le comunità, è scoppiata il 15 giugno intorno a Manyabol. Pochi giorni dopo alcuni gruppi armati si sono spostati verso il villaggio di Gumuruk, dove nel frattempo quasi tutti gli abitanti erano riusciti a fuggire con l’avanzare dei combattimenti. A Pibor, distante solo alcune decine di chilometri, MSF ha ricevuto tre pazienti con ferite da arma da fuoco nel proprio centro di salute.

“È stato scioccante vedere la paura e il dolore impressi negli occhi delle persone a causa della violenza ricorrente” afferma Regina Marko Ngachen, infermiera di MSF. “Gli scontri hanno raggiunto il villaggio di Lawo, a circa due ore dalla città di Pibor. I combattenti stanno razziando il bestiame, bruciando case e distruggendo proprietà. Ho curato pazienti che per paura di nuovi scontri sono fuggiti nella boscaglia ancor prima che potessimo estrarre dai loro corpi i proiettili”. 

I combattimenti si stanno avvicinando alla città di Pibor dove quasi tutti i residenti hanno scelto di cercare rifugio nella boscaglia circostante, incluso il personale di MSF. “Il nostro personale è fuggito con le proprie famiglie perché temevano per la loro vita e quella dei propri cari. Senza personale, non possiamo continuare a gestire il centro di salute. Siamo davvero preoccupati perché le persone non hanno più accesso alle cure mediche nel momento in cui ne hanno più bisogno” dichiara Ibrahim Muhammad, capomissione di MSF in Sud Sudan. “Se gli scontri dovessero continuare, ci aspettiamo altri feriti. Arriveremo presto al culmine della stagione della malaria e senza un adeguato rifugio le persone saranno ulteriormente esposte a malattie potenzialmente letali. Ciò amplifica ulteriormente una situazione nutrizionale già allarmante, soprattutto tra i bambini sotto i cinque anni. Non appena la situazione lo consentirà, ci impegneremo a riprendere le nostre attività mediche nell’area”.

Nel 2019, MSF ha curato oltre 32.000 pazienti nel proprio centro di Pibor, molti dei quali affetti da malaria, infezioni respiratorie e diarrea. Questa nuova ondata di violenza potrebbe avere un impatto disastroso sullo stato di salute dei bambini. Gli indicatori della scorsa settimana mostrano già trend preoccupanti: oltre il 70 per cento dei bambini sotto i cinque anni trattati nel centro di MSF avevano la malaria, rispetto al 43 per cento dell’anno scorso nello stesso periodo. Il 6 per cento dei bambini malnutriti sono stati trattati per “malnutrizione severa acuta”, un numero che indica una preoccupante e incombente crisi alimentare.

Questa nuova ondata di violenza ostacola un accesso rapido e sicuro per le organizzazioni umanitarie a una comunità che si sta riprendendo dalle devastanti alluvioni di fine 2019. Oggi la pandemia Covid-19 minaccia ulteriormente l’accesso alle cure ad un già fragile sistema sanitario da parte di una comunità provata da decenni di guerra. Dall’inizio dell’anno, dopo una serie di brutali episodi di violenza, MSF ha ripetutamente denunciato il deteriorarsi della situazione nell’area del Grande Pibor. A marzo, le équipe di MSF hanno curato oltre 45 feriti da arma da fuoco a Pibor dopo una nuova ondata di scontri e 83 pazienti feriti sono stati curati a Pieri e Lankien tra il 9 e il 13 marzo. Inoltre, solo un mese fa, un’altra esplosione di violenza a Pieri ha ucciso un membro dello staff di MSF e ferito decine di persone.

MSF è profondamente turbata dal fatto che questa violenza potrebbe portare ancora una volta la zona del Sud Sudan orientale a diventare epicentro di brutalità estrema, come descritto in un rapporto dell’organizzazione del 2012 in cui venivano denunciati gli orrori della violenza tra comunità.

“Mentre i combattimenti continuano, la popolazione è sempre più vulnerabile. I civili pagano il prezzo più pesante di questo ciclo di violenza: sono costretti a ripetuti spostamenti, a perdere le proprie case e i mezzi di sostentamento, quando non vengono feriti o uccisi. I civili devono essere protetti e le organizzazioni umanitarie devono avere un accesso garantito per poter assicurare un livello adeguato di cure alla popolazione colpita e ai feriti” aggiunge Muhammad di MSF.

MSF lavora nell’area del Sud Sudan dal 1983, fornendo cure mediche in molte aree dove l’accesso all’assistenza medica e ad altri servizi umanitari resta estremamente limitato. Attualmente MSF gestisce 16 progetti nel paese e sta supportando il Ministero della salute locale nella formazione degli operatori sanitari sulle misure di prevenzione e controllo del contagio e sulla gestione del triage in risposta alla pandemia di Covid-19.

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