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Silvia Romano, quelle domande scomode che nessuno vuole porre

La liberazione di Silvia Romano “Aisha” è una bellissima gioia e la sua conversione è un fatto esclusivamente privato. Questo però non ci esime dal porci domande, dal ricostruire, dal capire il come ed il quando perché questo è il mestiere del giornalismo: porre domande scomode che nessuno ha il coraggio di porre. Se fermiamo la nostra mente per non disturbare o dare fastidio a qualcuno siamo fuori strada, la verità va appurata sempre anche andando contro cliché e fatti dati per scontati. Solo in tal modo siamo riusciti a scoprire cosa accadde ad Ilaria Alpi invece di fidarci della versione ufficiale. Al di là dello squallido voyeurismo di certa stampa (donna+Islam+cooperante = strega), il mondo là fuori non è tutto rose e fiori ed Al Shabaab è gente spietata, crudele che non fa nulla in cambio di nulla. Non è tutto oro dunque quel che luccica e lo dico con gran rispetto della persona, della sua scelta di vita, della sua resistenza a 18 mesi di prigionia. Considerate questo dato semplice semplice: il giornalista turco Can Dundar è stato condannato all’ergastolo ed è dovuto scappare in Germania per sfuggire alla cattura solo perché aveva pubblicato un articolo in cui mostrava come i servizi segreti turchi (il Millî İstihbarat Teşkilât) facevano passare armi di nascosto ai jihadisti dello stato islamico (Daesh) in Siria attraverso il confine turco-siriano “poroso”. Ora sapendo che questi stessi servizi segreti turchi, più volte accusati di spalleggiare e foraggiare gruppi armati radicali in chiave ora anti-Assad, ora anti-curda, sono implicati nella liberazione di Silvia da un noto gruppo armato jihadista (che per inciso ha lo stesso vessillo dello stato islamico) allora qualche domanda è lecito porsela. Ma forse, mi dico, a nessuno o a pochi interessa conoscere la verità.

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