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Sahel, massacri in nome della lotta al terrorismo. Il rapporto di Amnesty International

Un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International denuncia che tra febbraio e aprile di quest’anno almeno 199 persone sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali o di sparizioni forzate in Mali, Burkina Faso e Niger.
Il contesto è quello della lotta alle azioni di terrorismo del Gruppo per il sostegno all’Islam e ai musulmani e dello Stato islamico nel grande Sahara.
Le operazioni delle forze di sicurezza dei tre stati si sono intensificate dopo il vertice di Pau del 13 gennaio in cui la Francia ha incontrato il cosiddetto G5 del Sahel.
In Mali, Amnesty International ha accertato almeno 23 esecuzioni extragiudiziali e 27 sparizioni forzate di persone arrestate nelle zone di Diabaly e Dogofry e nella regione di Segou.
Il 9 aprile nel villaggio di Djibo, in Burkina Faso, sono stati arrestati e messi a morte sul posto 31 uomini. In precedenza, il 29 marzo, le forze antiterrorismo erano entrate a Sollé arrestando il capo del villaggio, un consigliere locale e un membro della potente famiglia Banh. I loro corpi erano stati ritrovati il 2 aprile a poca distanza dal villaggio.
In Niger un’operazione antiterrorismo condotta nella regione sudoccidentale di Tillabéry si è conclusa con l’arresto e la sparizione forzata di 102 persone. Testimoni oculari hanno riferito di fosse comuni scavate da poco nella zona di Ayorou e il timore è che contengano i corpi degli scomparsi.
Che una strategia del genere possa portare sicurezza nel Sahel e rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni dei loro stati, pare quanto meno dubbio. Molte delle persone uccise e scomparse erano profughi interni fuggiti dalla furia dei gruppi armati islamisti che, da operazioni di questo genere, potranno purtroppo trarre un vantaggio per reclutare forze fresche.
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