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Saharawi, Mahfuda Fakir libera dopo 6 mesi. Campagna per i prigionieri politici

Ha trascorso sei mesi nelle carceri marocchine. Ha subito soprusi e torture, ma è rimasta forte. Oggi Mahfuda Fakir, attivista saharawi, è finalmente libera. L’’ingiusta detenzione

non ha minimamente affievolito la sua determinazione a portare avanti la battaglia per i diritti del suo popolo.
“Il carcere è il luogo dove vengono rafforzate le nostre idee riguardo la libertà e l’assoluta necessità dell’indipendenza” sono state le sue prime parole tornata a casa che ci arrivano attraverso Fatima Mahfud, rappresentante della Repubblica Araba Saharawi Democratica in Italia, come la foto che la ritrae con il figlio e le amiche appena uscita dal carcere.
Sorride Mahfuda, con la bandiera della RASD in mano “nonostante il divieto imposto dall’occupante” sottolinea Fatima riferendosi alle restrizioni disposte dalle autorità marocchine.
L’attivista che da anni vive nei territori occupati del Sahara Occidentale ha dovuto affrontare un processo giudiziario iniquo. con l’imputazione di aver ostacolato la giustizia e aggredito un funzionario durante lo svolgimento delle sue funzioni. Mahfuda altro non aveva fatto che contestare le false accuse rivolte da un giudice marocchino rivolte ad alcuni detenuti politici saharawi.
Dopo l’arresto, l’ennesimo di una lunga serie, ha subito un congelamento dello stipendio per diversi mesi come ritorsione per il suo attivismo e le sue posizioni politiche a favore del Fronte Polisario.
Se Mafhuda è finalmente tornata a casa tanti, troppi, sono ancora i prigionieri politici saharawi nelle prigioni del Marocco.
Per chiedere la loro liberazione l’associazione nazionale Rete Saharawi, che raggruppa diverse organizzazioni italiane che portano avanti progetti umanitari nel Sahara Occidentale, ha lanciato una campagna di solidarietà.
“Consideriamo fondamentale il sostegno ai prigionieri politici saharawi, i quali oltre ad aver subito negli anni arresti, condanne e detenzioni indiscriminate, maltrattamenti e torture inflitte nelle carceri marocchine, si trovano a dover affrontare oggi la negligenza medica intenzionale nelle cure e nelle condizioni di detenzione con aumentano i rischi di infezione da covid-19” si legge in una nota diffusa dalla Rete Saharawi, membro  della Task Force del Coordinamento Europeo di Solidarietà con il Popolo Saharawi (EUCOCO) in rappresentanza della solidarietà italiana.
Nel documento l’organizzazione si impegna ad attivarsi verso gli organismi dell’ONU, dell’Unione Africana e dell’Unione Europea, anche attraverso i due intergruppi parlamentari di amicizia con il popolo saharawi costituiti al Parlamento europeo e alla Camera dei Deputati.
“Accogliamo con favore le dichiarazioni dell’ex presidente del Cile Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani, sui prigionieri, in particolare quelli politici, per i quali chiede la liberazione in questo momento di emergenza sanitaria” continua la Rete Saharawi chiamando all’azione tutte le associazioni di solidarietà per il popolo saharawi e le associazioni democratiche italiane affinché venga monitorata la situazione dei prigionieri politici saharawi, le cui condizioni di detenzione sono ulteriormente aggravate dalla pandemia COVID-19. La richiesta di liberare i 39 prigionieri politici detenuti senza tutela dei diritti umani nelle carceri marocchine è stata rivolta anche da organizzazioni internazionali per i diritti umani come Amnesty e Human right watch.
La Rete Sahrawi chiede anche che vengano sospesi gli arresti arbitrari e la repressione contro gli attivisti nei territori occupati e la “convinta adesione” alla campagna internazionale promossa da Equipe Media e Watching Western Sahara per la difesa dei giornalisti e delle associazioni presenti nei territori occupati illegalmente dal Marocco.
Quella di Focus on Africa c’è!

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