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RDCongo – Rwanda, sale la tensione: Kinshasa sospende i voli aerei provenienti da Kigali

Sale la tensione tra la Repubblica Democratica del Congo e il Rwanda, in seguito a vari episodi di guerriglia che, negli ultimi due mesi, hanno scosso il Nord Kivu, una provincia orientale della RDC confinante con il Rwanda. Il 28 maggio, il governo di Kinshasa ha deciso di sospendere “immediatamente” i voli RwandAir, la compagnia aerea di bandiera rwandese, e di convocare l’ambasciatore rwandese a causa del sostegno che il Rwanda darebbe ai terroristi dell’M23: si tratta di “un monito al governo rwandese che sta interrompendo il processo di pace”, ha dichiarato il portavoce del Consiglio superiore della difesa congolese:

La decisione è stata assunta dopo che il 26 maggio sono infuriati pesanti combattimenti tra l’esercito della RDC e i ribelli dell’M23 presso la base militare di Rumangabo e in altre zone adiacenti al Parco Nazionale dei Vulcani, nonché a Kibumba, a circa 20 km a nord-est di Goma, sul confine con il Rwanda, che secondo un imam locale sarebbe caduta in mano ai guerriglieri.
Al momento non ci sono commenti da parte dell’esercito congolese, se si esclude Constant Ndima, il capo militare del Nord-Kivu, secondo il qualenessun millimetro del territorio nazionale sarà ceduto“. Il portavoce dell’M23, Willy Ngoma, ha invece dichiarato che le ostilità sono state avviate dalle FARDC, ossia dalle Forze armate congolesi, e dalle loro milizie alleate, aggiungendo che il suo gruppo potrebbe avviarsi verso Goma, “se fosse necessario per la nostra difesa”.
Alle accuse di collusione avanzate dalla RDC, il Rwanda ha risposto affermando di non essere coinvolto in quello che ha descritto come un conflitto intra-congolese e, anzi, ha accusato l’esercito congolese e i combattenti delle FDLR (le Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda, un gruppo ribelle armato, di etnia hutu, anch’esso attivo nella RDCongo orientale) di aver bombardato il territorio rwandese il 19 marzo e il 23 maggio e di aver arrestato due suoi militari, dei quali ha chiesto il rilascio:

Comunque sia, gli effetti sulla popolazione locale sono drammatici e nei giorni scorsi oltre 72.000 persone, dice l’UNHCR, sono state costrette a fuggire dalle loro case, compresi centinaia di studenti dalla sola zona di Nyiragongo:

Dal novembre 2021, ha spiegato l’UNHCR, “almeno 170.000 civili sono stati sfollati, spesso più volte, a causa della recrudescenza dei combattimenti nella RDC orientale. Quest’ultima ondata di violenza ha spinto decine di migliaia di persone a lasciare le loro case in cerca di sicurezza in diverse parti della provincia del Nord-Kivu, compresa Goma. Solo nell’ultima settimana, si ritiene che circa 7.000 persone abbiano attraversato il confine con l’Uganda, un Paese che ospita già oltre 1,5 milioni di rifugiati”.

In particolare, la situazione umanitaria è in forte e rapido detrimento nel già affollato campo ONU di Munigi, nell’estrema periferia nord di Goma, dove c’è disperato bisogno di assistenza sanitaria e di aiuti alimentari: non ci sono acqua, cibo e servizi igienici per tutti, per cui è alto il rischio che si diffondano malattie trasmesse per l’ambiente malsano.

Anche le parole si sono fatte molto più gravi: il capo della polizia nel Nord-Kivu, ad esempio, ha incitato a una “guerra popolare”, invitando le persone ad armarsi di machete per difendersi:

Si tratta di propositi preoccupanti, rifiutati da molte autorità, compreso Patrick Muyaya, il portavoce del governo di Kinshasa, secondo cui “l’uso di machete, incitamento all’odio, stigmatizzazione sono estremamente pericolosi e dovrebbero essere vietati”:

Dal canto loro, alcuni esponenti della società civile hanno esortato il presidente Tshisekedi a troncare i rapporti con Kigali, il quale è, a sua volta, accusato dalle opposizioni di collusione con il “nemico”:

Intanto, i laici cattolici e protestanti congolesi hanno annunciato una marcia il 3 giugno per denunciare la “evidente” aggressione del Rwanda contro la RDC e per chiedere l’espulsione dell’ambasciatore rwandese:

“Noi, Forze Sociali e Politiche della Nazione, sotto il coordinamento del CALCC (Consiglio dell’Apostolato dei Laici Cattolici del Congo) e del MILAPRO (Ministero dei Laici Protestanti), abbiamo affrontato questa ennesima aggressione al nostro territorio nazionale perpetrata dal Rwanda attraverso il gruppo dell’esercito M23, nell’ambito del Blocco Patriottico, per cui abbiamo deciso di organizzare una grande marcia popolare pacifica in tutto il territorio della Repubblica Democratica del Congo, venerdì 3 giugno 2022 per denunciare e condannare fermamente la palese aggressione del Rwanda contro il nostro Paese, la Repubblica Democratica del Congo”.

Due mesi di tensioni crescenti

Il 23 marzo scorso furono uccisi 8 caschi blu nell’abbattimento di un elicottero della Monusco, l’operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite in RDC. La responsabilità fu immediatamente attribuita al gruppo M23, dei ribelli che già da diverse settimane erano ritenuti colpevoli di vari attacchi ai villaggi della zona, i quali tuttavia risposero che il velivolo era stato colpito dalle FARDC. Le accuse incrociate non hanno smorzato la tensione, anzi si sono incrinati anche i rapporti diplomatici, perché le autorità congolesi ritengono che gli M23, che sono guerriglieri tutsi, siano sostenuti da Rwanda e Uganda. Dopo pochi giorni, infatti, la RDC ha convocato a Kinshasa l’ambasciatore del Rwanda, Vincent Karega, per fare luce sui possibili collegamenti esistenti tra l’esercito rwandese e l’M23; tuttavia, Kigali ha sempre rigettato ogni accusa, ribadendo che non è implicata in alcun modo con i miliziani. Il 5 aprile, inoltre, il gruppo ribelle ha fatto sapere di aver unilateralmente deciso per un cessate-il-fuoco, ma il tanto sperato dialogo “per una soluzione pacifica della crisi” non è mai veramente decollato, anche perché i guerriglieri hanno comunque sottolineato che si sarebbero vendicati nel caso in cui l’esercito congolese avesse attaccato le loro postazioni nel Nord Kivu. In effetti, gli scontri non si sono mai fermati e gli episodi di fine maggio sembrano far ricadere la situazione ad un livello più preoccupante.
I rapporti tra la RDC e il Rwanda sono tesi da oltre un quarto di secolo, perché l’insurrezione dell’M23 nasce dagli effetti di lungo periodo del Genocidio dei Tutsi in Rwanda del 1994. Secondo il portavoce dell’M23, il gruppo sta combattendo le Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR), una milizia di hutu fuggiti dal Rwanda dopo aver partecipato al genocidio. L’azione più eclatante dell’M23 risale al 2012, quando occupò la grande città di Goma, prima di essere respinto dalle forze congolesi e dalle Nazioni Unite. Da allora, le azioni di questi miliziani si sono fatte più rade, ma costanti, specialmente nei tanti villaggi rurali dell’est congolese. Dal 2019, inoltre, con la presidenza di Félix Tshisekedi nella RDC, le relazioni con il Rwanda si sono ammorbidite, infatti il nuovo Capo di Stato congolese ha incontrato più volte il suo omologo rwandese Paul Kagame e, recentemente, il Paese è entrato ufficialmente a far parte della Comunità dell’Africa Orientale (EAC), con il consenso di tutti gli Stati membri, compreso il Rwanda, almeno fino alla recrudescenza degli ultimi giorni.

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