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RD Congo – Rwanda: Kigali respinge le accuse di collusione con i ribelli

Mercoledì 21 dicembre il governo del Rwanda ha diffuso un comunicato in cui esprime due posizioni nette sul conflitto nell’est congolese: sostiene di non essere in alcun modo legata al gruppo ribelle M23 e afferma che il massacro di Kishishe è stato “fabbricato” mediaticamente dal governo dalla RD Congo.

Accogliendo la versione del governo congolese, secondo cui il Rwanda ha delle “tendenze espansionistiche”, nelle ultime settimane è cresciuta molto la pressione internazionale su Kigali, poiché prima gli Stati Uniti e il Belgio, poi la Francia e la Germania l’hanno apertamente accusata di sostenere i ribelli armati nel vicino Congo orientale, minacciando delle possibili ripercussioni sugli aiuti esteri di cui il Paese di Kagame gode da tempo. Il governo rwandese, dunque, ha emesso per la prima volta una circolare in cui afferma di non sostenere l’M23 e che, anzi, questa “ricorrente e vecchia accusa” finisce per “distogliere l’attenzione dalle cause profonde del persistente conflitto nella RDC orientale, che ha un impatto sulla sicurezza dei paesi vicini, compreso il Rwanda”. Secondo Kigali, l’accusa di collusione con i ribelli che operano in Congo non è solo falsa, ma è anche controproducente, perché “mina gli sforzi dei leader regionali per raggiungere una pace duratura, in particolare le iniziative di Nairobi e Luanda, per le quali il Rwanda è pienamente impegnato”.

Il Rwanda non nega di aver compiuto delle operazioni militari, ma che queste non vanno confuse con il sostegno ai ribelli congolesi, perché, dice, si è trattato esclusivamente di difesa dei propri confini nazionali: “Negli ultimi anni, l’integrità territoriale del Rwanda è stata regolarmente violata dalle FARDC [l’esercito regolare congolese] e dalle FDLR [un gruppo ribelle congolese anti-rwandese], compreso un brutale attacco nell’ottobre 2019 a Kinigi, un’area turistica nel nord del Rwanda, in cui sono stati uccisi 14 civili innocenti”. In effetti, anche ne corso del 2022 si sono registrati vari incidenti transfrontalieri, come incursioni di soldati congolesi e addirittura una violazione dello spazio aereo rwandese da parte di un caccia congolese.

I colloqui tra la RDC e il Rwanda in Angola sembravano aver aperto la strada a una tregua, ma più di recente Kinshasa ha accusato l’M23 di aver massacrato centinaia di civili nel villaggio di Kishishe il 29 novembre. Pochi giorni dopo, un rapporto delle Nazioni Unite ha appurato l’uccisione di 131 persone, ma l’indagine è controversa, perché basata su testimonianze indirette e non su sopralluoghi sul campo:

Per questa ragione, sia l’M23 che il governo rwandese hanno contestato tali conclusioni, spiegando che si è trattato di uno scontro armato tra l’M23 e “gruppi armati illegali alleati delle FARDC”. In particolare, il governo rwandese ha scritto che l’entità del massacro di Kishishe è “esagerata” e che si tratta di “un’invenzione del governo della RDC che lo ha attribuito all’M23”. Kigali aggiunge, poi, che è sorprendente come a livello internazionale “nessuno chieda conto al governo della RDC dei suoi fallimenti nello sradicare gli oltre 130 gruppi armati sul suo territorio”.

L’ultima parte del comunicato rwandese è un contrattacco verso le autorità congolesi, le quali “hanno consentito la diffusione di discorsi di odio anti-rwandofoni e anti-tutsi, oltre che l’incitamento pubblico ai linciaggi e alla violenza mirata”. Ma ce n’è anche per la MONUSCO, l’operazione di pace delle Nazioni Unite in RDC da più di 22 anni, “che costa più di un miliardo di dollari all’anno, eppure ha dato scarsi risultati”.

L’argomento del Rwanda è cercare un solo colpevole è non solo falso, ma anche fuorviante, perché non permette di affrontare “le cause profonde del conflitto nell’est della RDC”.

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