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Speciale RD Congo

Rd Congo, chiusi i seggi dopo due giornate caotiche. Tensione per l’attesa

Nella Repubblica democratica del Congo si sono svolte il 20 e il 21 dicembre le votazioni per le elezioni generali e per la presidenza. Giornate caratterizzate da ritardi e violenze ai seggi, molti non sono stati aperti proprio per questioni di sicurezza. Milioni di persone sfollate non hanno potuto recarsi alle urne per esprimere le…

Nella Repubblica democratica del Congo si sono svolte il 20 e il 21 dicembre le votazioni per le elezioni generali e per la presidenza. Giornate caratterizzate da ritardi e violenze ai seggi, molti non sono stati aperti proprio per questioni di sicurezza. Milioni di persone sfollate non hanno potuto recarsi alle urne per esprimere le proprie preferenze e ciò ha causato malcontento e in alcune zone del paese hanno favorito gli assalti alle sedi elettorali. Anche per questo motivo la commissione elettorale ha deciso di prorogare di un giorno le operazioni di voto e, dare così la possibilità ai seggi  rimasti chiusi per questioni di sicurezza o per problemi logistici, di recuperare. L’opposizione parla di “caos elettorale” e prima ancora degli scrutini già promette di dare battaglia. La stessa commissione elettorale aveva chiesto a tutti i candidati alla presidenza di firmare un codice di condotta con il quale si sarebbero impegnati a rispettare le regole democratiche del voto e a presentare eventuali ricorsi e opposizioni solo per vie legali e ufficiali. Nessuno degli aspiranti presidenti ha però voluto firmare il documento, perché sostengono che la commissione elettorale non è indipendente e non è in grado di garantire procedure elettorali libere e trasparenti.
Intanto la critica situazione umanitaria  nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (ha  raggiunto livelli drammatici, con un tasso di violenza e di sfollamento mai registrato prima.
Nel Nord Kivu, gli scontri armati legati alla rinascita del gruppo M23 hanno costretto un milione di persone ad abbandonare le proprie case e i propri villaggi. Nelle province dell’Ituri e del Sud Kivu, spesso meno considerate rispetto al Nord Kivu, la crisi senza sosta ha un impatto sulla popolazione devastante anche perché la distribuzione degli aiuti è limitata dalla mancanza generale di sicurezza.
Secondo i rapporti delle Nazioni Unite è un gruppo armato supportato dal Ruanda e sostiene di lottare per l’attuazione degli accordi politici con il governo congolese, che prevedevano il ritorno sicuro dei rifugiati tutsi congolesi che si trovano a Kigali ormai da più di vent’anni. Combatte anche contro le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), un gruppo ribelle ruandese che si è stabilito nella RDC orientale all’indomani del genocidio del 1994 in Ruanda. L’M23 in questi ultimi anni ha preso il controllo di un vasto territorio nella provincia del Nord-Kivu, che confina con Ruanda e Uganda.oo
A fine ottobre l’ONU ha annunciato che nella RDC si contano quasi sette milioni gli sfollati e circa cinque milioni di questi sono concentrati nella parte orientale del paese: un numero record mai raggiunto prima. Nel Nord Kivu la violenza tra gruppi armati – tra cui spicca l’M23 – ha innescato costanti e massicci movimenti di persone nei territori di Rutshuru e Nyiragongo.

INel frattempo la violenza nel Nord Kivu ha innescato diverse ondate di sfollamenti di persone anche nel Sud Kivu, in particolare a Minova e nei villaggi circostanti, dove le già fragili condizioni igienico-sanitarie hanno portato a un significativo aumento dei casi di colera. Allo stesso tempo, la chiusura delle strutture sanitarie nel Nord Kivu a causa dell’insicurezza e della violenza ha costretto le persone che necessitano di assistenza sanitaria e di cure a cercarle verso sud, aumentando in questo modo la pressione su queste province.

Un terzo della popolazione di questa zona è ora sfollata, dopo anni di conflitto. Le persone che vivono lontano dalle proprie case e in condizioni precarie, per periodi di tempo così prolungati, rischiano di subire enormi ripercussioni sulla salute sia fisica che psichica. L’Ituri è una regione in cui, negli ultimi trent’anni, si è assistito a un progressivo disinvestimento nei servizi sanitari e nelle infrastrutture di base, il che renderebbe l’accesso a qualsiasi servizio medico molto problematico persino se non ci fosse il conflitto, denincia Medici senza Frontiere.

[Credits photo Patrick Meinhardt/AFP]
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