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RD Congo, 10 mesi dopo la morte dell’ambasciatore Attanasio, Iacovacci e Milambo verità ancora lontana

A dieci mesi dall’agguato nella Repubblica democratica del Congo costato la vita all’ambasciatore Luca Attanasio, al carabiniere Vittorio Iacovacci, che gli faceva da scorta, e all’autista del World Food Program, Mustapha Milambo, si rinnova la richiesta di verità e giustizia per Luca, Vittorio e Mustapha.
Gli elementi emersi e l’inchiesta nell’ambito della quale è indagato un funzionario del Wfp, il Programma alimentare mondiale, non hanno ancora fugato i dubbi sulla dinamica dei fatti e sulle responsabilità di quanto accaduto.
Ancora troppi i misteri e le omissioni delle autorità locali, mancanze inaccettabili che chiamano a una riflessione doverosa e a una richiesta di chiarezza immediata.
Non è credibile che non ci fosse piena consapevolezza che la zona in cui viaggiava il convoglio internazionale fosse ad altissimo rischio, sia perché l’area è contesa da bande di criminali che spadroneggiano al confine tra Ruanda ed Uganda, che di miliziani fuori controllo e jihadisti che per sopravvivere perpetrano razzie e atti di criminalità di ogni genere a danno della popolazione locale e di chiunque graviti nella sfera di loro controllo.
È stato un vero è proprio tradimento, non solo “una leggerezza”: chi ha organizzato quel convoglio sapeva che la sicurezza non era nella misura adeguata per proteggere chi partecipava a quella missione.
Anche se la tesi di partenza è il conflitto a fuoco seguito ad un tentativo di rapimento, occorre andare a fondo, con indagini rigorose, senza sconti per nessuno per fugare il sospetto che a monte dell’uccisione dell’ambasciatore Attanasio possa celarsi ben altro che un ‘semplice’ attacco terroristico o un’azione di criminalità comune.
I pubblici ministeri italiani, per ora, hanno contestato i reati di omesse cautele in relazione al delitto, secondo gli articoli 40 e 589 del codice penale. La formalizzazione dell’accusa è avvenuta dopo l’audizione di Mansour Rwagaza funzionario congolese responsabile della sicurezza del convoglio con cui viaggiavano  Attanasio e Iacovacci che non ha saputo fornire spiegazioni su alcune alterazioni delle relazioni sull’accaduto.
Gli accertamenti sulla vicenda sono coordinati dal pm Sergio Colaiocco, da poche settimane anche procuratore aggiunto del Tribunale di Roma.
Nei prossimi giorni sarà ascoltato l’unico superstite dell’’agguato, il vice direttore del Wfp in Congo Rocco Leone.
Purtroppo l’inchiesta, che si sta avviando verso la conclusione delle indagini, è limitata dalla richiesta formale di immunità da parte del World food program, elemento che può pregiudicare l’avvio del processo.
Il lavoro della magistratura, con l’impegno del Governo rinnovato dal presidente Mario Draghi nei giorni scorsi, sono una garanzia per chi come Zakia Seddiki, la moglie dell’ambasciatore Attanasio, e tutti noi che continuiamo a chiedere verità, non arretrerà mai di un passo nella sua silenziosa e discreta battaglia per la giustizia.
Tanti sono ancora i dubbi che avvolgono l’assalto che ha colpito il convoglio del WFP il 22 febbraio, oltre alla mancanza della protezione armata: dalla dinamica della sparatoria, alla fuga degli assalitori e alle reticenze delle autorità locali e del Wfp.
Dubbi che devono essere chiariti.
Al più presto.
Focus on Africa continuerà a essere sentinella del percorso giudiziario e non smetterà mai di illuminare la Repubblica democratica del Congo, paese che Luca tanto amava e cercava di difendere, fino al suo martirio.

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