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Omicidio Sankara, il ‘Che Guevara africano’: ergastolo all’ex presidente Camporé

Ci sono voluti 35 anni, ma il verdetto sull’omicidio di Thomas Sankara, il ‘Che Guevara africano’, è arrivato oggi dopo sei mesi di processo. L’ex presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, è stato condannato in contumacia all’ergastolo per la sua partecipazione all’assassinio del proprio predecessore, ucciso con 12 suoi compagni durante un colpo di Stato nel lontano 1987. Stessa condanna anche per il comandante della sua guardia, Hyacinthe Kafando, e il generale Gilbert Diendéré, uno dei capi dell’esercito al tempo del golpe. La sentenza è stata emessa dal tribunale militare della capitale Ouagadougou, che ha aumentato la richiesta dell’accusa di 30 anni di reclusione per Compaorè e Kafando e di 20 anni per Diendéré. I tre sono stati condannati per “attacco alla sicurezza dello Stato”, con Compaorè e Kafando giudicati colpevoli di “complicità nell’omicidio” e Kafando, sospettato di aver guidato il commando che ha ucciso Sankara, di “assassinio”. L’ex presidente, in esilio dal 2014 in Costa d’Avorio, è stato condannato in contumacia, e anche Kafando, latitante dal 2016, non era presente in aula al momento del verdetto. Nonostante abbia guidato il Burkina Faso dal 1983 al 1987, SANKARA rimane per molti un simbolo panafricano di giustizia ed emancipazione sociale. Di credo marxista-leninista, il ‘Che Guevara africano’ dichiarò di voler “decolonizzare le menti” nel continente e in Burkina Faso, che deve a lui il proprio nome – ‘La terra degli uomini onesti’ – al posto del precedente Alto Volta, quando la nazione era colonia francese. SANKARA inaugurò un programma di riforme per migliorare l’assistenza sanitaria, l’alfabetizzazione, l’autosufficienza alimentare, e varò misure che aiutassero i contadini, campagne vaccinali e costruzione di farmacie nei villaggi, vietando la mutilazione genitale femminile e i matrimoni forzati per promuovere i diritti delle donne. Parlando all’Onu, il leader rivoluzionario rifiutò di pagare il proprio debito ai Paesi occidentali e denunciò le guerre “imperialiste”, l’apartheid e la povertà, criticando nel 1986 l’allora presidente francese François Mitterrand perché aveva ricevuto Pieter Botha, leader sudafricano sostenitore dell’apartheid. Il sogno d’integrità di Sankara s’infranse a colpi di arma da fuoco il 15 ottobre 1987, quando il presidente del Burkina Faso fu ucciso a soli 37 anni. La giustizia si è pronunciata dopo 35 anni, ma la sua figura non ha mai smesso di ispirare cuori e menti, in Africa e oltre.

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