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Nel dramma di tre bambine bruciate vive in Sud Sudan il perché di Focus on Africa

Ci sono storie che non vorresti mai raccontare. Come la sparizione e l’iccisione brutale sotto tortura di Giulio Regeni o il rapimento di una ragazza che voleva fare solo del bene, come Silvia Romano, di cui ormai quasi non si parla più. Altre che non trovano spazio nonostante la gravità delle notizie perché arrivano da luoghi remoti, che non fanno audience e non interessano alla maggioranza dei lettori. Quella tragica che a breve leggerete è emblema di entrambe le categorie.
Ma prima una riflessione.
Yemen, Rohingya, Repubblica Centrafricana, Sudan… sono solo alcune delle crisi, più o meno dimenticate, di cui i media mainstream raramente si occupano.
L’Africa, su tutte, è la realtà che meno appeal suscita negli organi di informazione.
Tra le ‘periferie’ del mondo il continente africano è il fanalino di coda del panorama mediatico italiano, come evidenziato più volte dai rapporti dell’Osservatorio di Pavia.
Negli ultimi due anni le maggiori televisioni italiane hanno dedicato al tema solo l’1% di copertura (492 notizie totali per una media di 7 notizie al mese per tutti i telegiornali.
Vi sono paesi con meno di 10 notizie in quasi tre anni, come il Centrafrica e la Mauritania. Altri, come il Burundi, l’Algeria e la Sierra Leone presenti in un solo servizio.
E poi c’è il Sudan di cui si è parlato negli ultimi mesi solo perché una giornalista italiana, la sottoscritta, era stata fermata dai servizi di sicurezza mentre era impegnata a seguire le rivolte.
Ecco, questa è la stortura del sistema informativo nel nostro Paese che si reitera senza vergogna. E vi racconto perché.
Nella notte di giovedì 21  marzo un dormitorio della missione salesiana a Tonj, in Sud Sudan, viene incendiato.
Ospitava un centinaio tra bambine e adolescenti che dormivano tranquille. Tre di loro sono morte bruciate vive.
Erano convinte di essere finalmente al sicuro, accolte dalla comunità delle suore e dei padri che da anni portano avanti progetti nel Paese:
Sognavano una vita migliore. Esistenze che non vivranno mai.
Nonostante la notizia sia arrivata anche in Italia, a scriverne è stato solo l’Eco di Bergamo che poneva l’accento sulla preoccupazione per la presenza in quella missione di un volontario italiano bergamasco impegnato in un progetto sanitario.
La notizia del rogo delle bambine è apparso quasi un fatto accessorio.
Su Focus on Africa ciò non avverrà mai.
Oggi diamo voce diretta ai missionari salesiani di Don Bosco a Tonj, nella Diocesi di Rumbek. Domani ad altri protagonisti o vittime di storie e vicende che nessuno racconta.

Resoconto degli eventi accaduti nella notte di giovedì 21 marzo 2019

Il giorno era iniziato bene con la messa mattutina nella parrocchia. Anche le lezioni erano iniziate bene, e gli studenti della scuola primaria e secondaria hanno finito scuola alle 14:30, come al solito. Hanno pulito le loro classi, e visto che ancora non avevamo ancora iniziato a cucinare per gli alunni, sono andati a casa quasi subito dopo la campanella.

Nel pomeriggio un gruppo nutrito di persone ha partecipato alle classi di catechismo, che seguono per prepararsi al battesimo, alla prima comunione e alla cresima. Suor Esther e Padre Mading li hanno aiutati con le lezioni. Anche l’oratorio è iniziato alle 16:30. Come sempre, ragazze e ragazzi si sono uniti a noi per fare un po’ di sport, e abbiamo concluso la giornata con una preghiera del rosario.

Abbiamo fatto la nostra preghiera serale alle 19:45, e intorno alle 20:45 noi tre, Padre Joseph Chisomo, Padre Joseph Can e Padre Antimi Paul, abbiamo cenato insieme e siamo rimasti a parlare del più e del meno. Siamo rimasti nella sala da cena fino alle 22:00, dopodiché ci siamo ritirati per andare a riposarci. Una giornata come tutte, nella nostra comunità.

Intorno alle 23:00, riceviamo una chiamata dal vecchio edificio della missione. Fra Chisomo viene chiamato per primo, e accorre subito alla mia porta per svegliarmi. Mi informa che c’è stato un incendio nel dormitorio delle ragazze. Con i vestiti che avevo addosso, prendo la mia torcia e ci precipitiamo verso l’edificio in macchina. Portiamo con noi anche gli insegnanti che dormono nel nostro stesso edificio. Quando arriviamo, ci sono persone ovunque. A quanto pare, quando le ragazze nel dormitorio coinvolto hanno iniziato ad urlare, anche tutte le altre sono uscite alla svelta, portando con sé i propri oggetti personali. Tranne tre, che non si sono svegliate.

Una delle stanzine nel primo dormitorio stava ancora fumando dopo che un intenso incendio aveva bruciato completamente i materassi sui due letti dove dormivano le tre ragazze decedute. Anche le mensole e le travi in legno che reggevano il tetto erano distrutte e fumanti. Il pavimento era ancora bagnato dall’acqua che era stata utilizzata per spegnere le fiamme.

Tutte le ragazze erano in stato di shock, e non sono riuscite a raccontarci altro se non che all’improvviso hanno visto uscire il fuoco dalla stanza sul retro dove è divampato l’incendio. Il piccolo cancello che apre sul nostro complesso era rotto, e la staccionata dietro ai bagni delle ragazze era demolito.
Evidentemente, questo è successo quando i vicini, allarmati dalle urla delle ragazze, hanno scavalcato la staccionata per entrare nel complesso.

I corpi esanimi delle tre ragazze erano quasi carbonizzati. Erano ancora in posizione dormiente. Con l’aiuto di Eduardo, l’infermiere volontario al John Lee memorial hospital, le abbiamo avvolte e trasferite al mortuario dell’ospedale dello Stato di Tonj. Siamo stati accompagnati anche dai militari e la polizia che erano accorsi per mettere al sicuro i dormitori delle ragazze e il complesso dei salesiani.

Credits foto Padri comboniani Tonj

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