Sei agenti di polizia sono stati giudicati colpevoli dell’uccisione di altrettanti manifestanti, avvenuta nei pressi del parco nazionale di Banhine il 3 novembre 2020.
Quel giorno le guardie forestali e l’Unità di pronto intervento della Polizia lanciarono un’operazione contro un impianto illegale per la produzione di carbone. Distrussero una serie di forni e arrestarono 20 persone. Quando gli abitanti della zona vennero a conoscenza dell’accaduto, si mossero per protestare. Quattro di loro si avvicinarono ai veicoli della polizia con le mani in alto, mostrando dunque di non avere intenzioni ostili. Vennero uccisi all’istante, insieme ad altre due persone, a colpi di mitragliatrice, un’arma di guerra che non dev’essere mai usata per gestire l’ordine pubblico.
Nonostante nella sentenza si legga che “chi sparò con quel tipo di arma aveva l’intenzione di uccidere”, i sei agenti di polizia sono stati condannati per lesioni involontarie. Da qui la mitezza della pena: tre mesi di prigione e un risarcimento di 16.500 meticais (meno di 200 euro) a testa in favore dei familiari delle vittime.
Ma la notizia è che in Mozambico c’è stata una sentenza che ha scalfito l’impunità per le forze di polizia.