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Migranti, nuovo sbarco di naufraghi salvati nel Mediterraneo

Nuovo sbarco di naufraghi salvati nel Mediterraneo. A portarli in salvo la nave Life Support di Emergency attraccata oggi alla banchina Taliercio del porto di Marina di Carrara con le 29 persone,   che provengono da Etiopia, Eritrea, Gambia e Sudan, soccorse in acque internazionali, nell’area di ricerca e soccorso libica.
Tra loro, ci sono 3 donne e un bambino di 2 anni.
Quando ero ancora minorenne, ho abbandonato il mio Paese insieme a un gruppo di coetanei. – racconta un ragazzo eritreo di 25 anniVolevo vivere libero, non in un Paese dove non si può avere un futuro. Il giorno del mio arrivo in Libia, sono stato imprigionato dalle milizie locali. Mi hanno chiesto un riscatto di 800 dollari. Sono riuscito a pagare e poi a imbarcarmi, ma i libici ci hanno cercato in mare, riportato a terra e messo nuovamente in carcere. Questo si è ripetuto altre tre volte: ogni volta che mi imbarcavo, venivo riportato indietro e imprigionato. Ciò ha fruttato ai trafficanti 13.000 dollari: è quello che ho speso per pagare quattro volte il riscatto e poi la traversata in mare. Quando ho visto la vostra nave, ho pianto dal sollievo. Ora sogno di arrivare in Francia e di non vivere mai più nel terrore”.
I naufraghi sono finalmente in un Paese sicuro, ma per ogni persona soccorsa non sappiamo quante ne annegano nel Mediterraneo o quante continuano a soffrire perché riportate in Libia. – commenta Albert Mayordomo, capomissione della Life SupportAnche durante questa missione abbiamo toccato con mano quanto sia diffusa la pratica dei respingimenti. Solo in due settimane, siamo stati testimoni indiretti di almeno cinque respingimenti per un totale di oltre 800 persone riportate in Libia contro la propria volontà”.
Uno dei respingimenti ha riguardato 500 persone che si trovavano in acque maltesi al momento dell’intercettazione da parte dei libici. “La Life Support aveva cercato per oltre 24 ore un’imbarcazione segnalata in difficoltà di cui non c’era più traccia. Abbiamo scoperto in seguito che le persone erano già state riportate in una prigione a Benghazi in Libia. – prosegue MayordomoNei giorni successivi, abbiamo avvistato diverse imbarcazioni cui era stato dato da poco fuoco, segno del passaggio dei libici, e abbiamo saputo che trasportavano più di 300 persone secondo quanto riportato da fonti che seguono le operazioni di respingimento in Libia”.

Il padre di mio figlio ora è in Libia – racconta una donna di 22 anni proveniente dall’Eritrea e soccorsa assieme al figlio di 2 anni –. Volevamo mettere in salvo il piccolo N. da quell’inferno, ma non avevamo i soldi per pagare il viaggio per tre. Ci siamo 
detti che nostro figlio doveva studiare e non vivere in un Paese dove la gente viene uccisa per strada. Il mio amore si è sacrificato. Ora ho paura che non ci rivedremo mai più”.

Al momento della partenza, provavamo tutti un senso di speranza. Sull’imbarcazione c’erano due motori. Ci avevano detto che le luci delle piattaforme petrolifere erano l’Italia e quindi a noi tutti sembrava un viaggio semplice. Invece dopo poche ore dalla partenza, il primo motore si è rotto. – racconta un ragazzo del Gambia di 18 anni – Ne restava solo uno e non eravamo neanche a metà del viaggio. Ero nel panico ma non sarei tornato indietro perché in Libia si rischia la vita ogni giorno”.

Le persone soccorse erano partite da Sabratah, in Libia, la notte del 1 giugno scorso e sono state soccorse dalla Life Support il 2 giugno: sono arrivate a terra dopo 4 giorni di navigazione.
Il governo italiano ci ha assegnato un porto distante 662 miglia e circa 70 ore di navigazione dal luogo del soccorso – commenta Albert Mayordomo, capomissione della Life SupportÈuna scelta politica: è assurdo punire chi salva vite sulla rotta migratoria più letale al mondo, il Mediterraneo Centrale. Qui, solo nel 2023, sono morte in media quasi 7 persone al giorno e sono oltre 5.000 le persone riportate nei lager libici da parte della cosiddetta guardia costiera libica”.

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