Il 3 ottobre segna un grave punto di riferimento nella storia del Mediterraneo e dell’immigrazione: undici anni fa, un naufragio al largo di Lampedusa costò la vita a 368 migranti in cerca di un futuro migliore. Oggi, anche alla luce di questo tragico evento, il Centro Astalli rinnova il suo appello alla memoria collettiva e al rispetto dei diritti umani. È un’invocazione che ci invita a guardare con attenzione e coscienza non solo a quel giorno fatale, ma anche ai tanti figli, madri e padri che, da allora, hanno perso la vita in mare, un triste bollettino che supera le 30mila vittime.
P. Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, ha denunciato in modo eloquente l’indifferenza sistematica che ha caratterizzato le politiche migratorie europee. “La storia di questi anni”, afferma, “è quella di un atteggiamento di complice indifferenza, quando non di una vera e propria criminalizzazione di chi si mette in viaggio in cerca di una vita degna”. Le conseguenze di questa “indifferenza complice” sono devastanti: i diritti umani, la dignità e il valore delle persone migranti sono stati messi da parte in nome di politiche che spesso sembrano privilegiare il consenso elettorale piuttosto che la ricerca del bene comune.
La Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, istituita dalla legge 45/2016, svolge un ruolo cruciale in questo contesto, non soltanto per commemorare le vittime dell’immigrazione ma anche per sensibilizzare l’opinione pubblica. “Ricordare le vittime significa rispettare la dignità e i diritti dei vivi”, afferma giustamente Ripamonti. E proprio per questo, il Centro Astalli invita tutti a partecipare all’iniziativa “Reti di memoria: il filo dell’accoglienza”, che si terrà a Roma il 3 ottobre, per rafforzare il legame tra memoria e accoglienza attraverso racconti di vita di rifugiati e attività creative che stimolano l’empatia e la comprensione.
In un mondo in cui le politiche migratorie sembrano allontanarsi sempre di più dalla compassione e dalla giustizia, è fondamentale che queste iniziative non rimangano atti isolati, bensì diventino responsabilità condivisa. Solo così il ricordo delle vittime potrà trasformarsi in un impulso concreto per azioni a favore dell’accoglienza e dell’integrazione.
Fino al 10 ottobre, la mostra fotografica “Volti al futuro – con i rifugiati per un nuovo noi”, di Francesco Malavolta, offrirà un ulteriore strumento di riflessione su queste tematiche, invitando i visitatori a interrogarsi sulla condizione dei rifugiati e sulla necessità di costruire un futuro basato su valori di solidarietà e umanità.
In conclusione, celebrare la memoria delle vittime del Mediterraneo è un imperativo morale. La memoria collettiva non deve rimanere un mero esercizio retorico, ma deve trasformarsi in azioni concrete nel presente e nel futuro. Come sottolinea P. Ripamonti, “se non diviene atto di responsabilità, è vano”. È tempo di trasformare il dolore del passato in un futuro di accoglienza e giustizia per tutti.