Abass Hamadi Diallo classe 1986, lo scorso 28 maggio, si trovava nel sud del paese, nei pressi della frontiera con il Senegal all’ora del coprifuoco indetto per la pandemia del Covid-19 in atto.
Questo giovane uomo, padre di sei bambini, stava aiutando nel trasporto di alcune merci un cittadino moro ed il nipote quando un colpo di pistola in pieno petto lo ferisce a morte.
Quasi certamente non si farà mai luce sui fatti e questo ennesimocittadino nero di Mauritania non avrà mai giustizia. E’ la prassi qui. La storia del paese non ha insegnato molto; il fascicolo del passivo umanitario del genocidio degli anni 1989-1991 aspetta ancora di essere riaperto e di fare chiarezza, donando giustizia alle vedove dei militari neri a servizio nell’esercito di Stato sacrificati come bestie nella località di Inal, a nord della capitale Nouakchott. L’arma di Mauritania insomma uccide ancora e in tanti ora si chiedono se sia una vecchia abitudine o la linea politica….
Sono ore concitate in rete. Si commenta a raffica dell’omicidio del nero Afro-americano George Floyd ucciso dalla polizia a Minneapolis. Quasi nessuno immagina che in Mauritania i neri vengono violati sistematicamente ogni giorno da sempre per ragioni di costume in una società razzista e xenofoba che tollera e pratica la schiavitù per nascita.Questa volta l’indignazione è forteforse anche sull’onda degli entusiasmi scaturiti online ovunque legati al feroce assassinio del cittadino afro americano. Molti giovani bloggers mauritani hanno organizzato dirette facebook per denunciare la morte di Abbass Diallo ad opera di un poliziotto della polizia per chiedere giustizia.
Il giorno seguente l’assassinio sulla pagina ufficiale dell’Agenzia Mauritana di Informazione (AMI), il comunicato stampa dello Stato Maggiore dell’Arma riporta di “fuggitivi che violavano il passaggio alla frontiera e di una morte accidentale”; la vittima viene vagamente descritta come personaggio bizzarro, come a dire che un uomo dall’aspetto “bizzarro” possa essere bersaglio e venire ammazzato. Il 30 maggio una delegazione superiore di Stato viene inviata a Mbagne, presso il villaggio natale della vittima. Alla famiglia si offrono in moneta locale il corrispettivo di 2500 euro per pareggiare i conti e mettere tutto a tacere. La famiglia indignata rifiuta l’offerta cosi le direttive suggeriscono di devolvere la somma al capo villaggio e amen.
I neri di Mauritania non ne possono più e questi atti di barbarie sembrano essere la normalità specie nel bacino sud, la cosiddetta vallata del fiume Senegal dove la storia recente ci consegna diversi avvenimenti macabri e loschi ad opera della polizia di Stato e a danno dei cittadini neri sempre più soli e dimenticati.
In pieno Covid-19 lo Stato riuscirà ancor più facilmente a tenere a bada chi in queste ore scalpita ferito ed è pronto a scendere in piazza per manifestare l’indignazione e dire stop a questa persecuzione di colore di cui ancora in pochi sanno e si interessano. Intanto come protesta virtuale molti giovani in rete si vestono di rosso sangue per ricordare questo ennesimo assassinio in cui a pagare è ancora un innocente dalla pelle nera nel paese della schiavitù per nascita.