In Mauritania, inizia il 1° agosto la presidenza di Mohamed Ould Ghazouani, annunciato vincitore delle elezioni il 22 giugno con un verdetto contestato dagli altri quattro candidati e che ha dato luogo a proteste di massa, represse con un centinaio di arresti.
Ghazouani eredita dal suo predecessore Mohamed Ould Abdel Aziz una situazione dei diritti umani semplicemente disastrosa: la discriminazione razziale costringe alla schiavitù (ufficialmente vietata) migliaia e migliaia di persone e chi osa denunciarla – come i coraggiosi militanti dell’Iniziativa per la rinascita del movimento abolizionista – finisce in carcere.
Arresti arbitrari, divieto di manifestare, torture sono un tratto comune della Mauritania di questi anni. Tra giugno 2014 e maggio 2019 sono state chiuse 44 organizzazioni della società civile e sono stati arrestati almeno 174 difensori dei diritti umani, etichettati ufficialmente come “traditori”.
A giugno, Amnesty International aveva sottoposto a tutti i candidati un manifesto in 12 punti sui diritti umani. Ghazouani non l’ha firmato. Non è un segnale incoraggiante.