Il 13 agosto 2024, la crisi politica in Libia ha conosciuto un nuovo e drammatico capitolo. L’Alto Consiglio di Stato, l’organo legislativo con sede a Tripoli, ha emesso due dichiarazioni ufficiali, firmate da due diverse fazioni, che respingono le recenti decisioni della Camera dei rappresentanti di Bengasi. Questa divisione riflette il crescente caos politico che affligge il Paese.
La Camera dei rappresentanti di Bengasi, guidata dal presidente Aguila Saleh, ha annunciato la revoca del mandato al Governo di unità nazionale (Gun) di Tripoli, riconoscendo solo l’esecutivo guidato da Osama Hamad come l’unico legittimo fino alla formazione di un nuovo governo unificato. Inoltre, la Camera ha dichiarato Saleh come comandante supremo delle Forze armate, mentre il Consiglio presidenziale tripartito è stato dichiarato decaduto.
In risposta, Khaled al Mishri, attuale presidente dell’Alto Consiglio di Stato secondo l’elezione del 6 agosto, ha contestato la legittimità di questa decisione, affermando che viola l’Accordo politico di Skhirat del 2015. Allo stesso modo, l’ex presidente del Consiglio, Mohammed Takala, ha criticato aspramente le azioni della Camera di Bengasi, definendole una minaccia all’unità nazionale e una violazione del consenso tra le istituzioni libiche.
La disputa tra Mishri e Takala riguardo ai risultati elettorali e alle accuse di irregolarità hanno ulteriormente esacerbato la crisi. Takala ha proposto di risolvere la controversia tramite la Corte suprema o con un nuovo turno di votazioni, ma Mishri ha respinto tali proposte, mantenendo la propria posizione fino a una decisione giudiziaria definitiva.
Nel contesto di questo stallo politico, si sono verificate preoccupazioni internazionali per la
crescente mobilitazione militare. Le forze dell’Esercito nazionale libico, comandate da Saddam Haftar, hanno inviato rinforzi nella regione del Fezzan, suscitando allerta nel Governo di Tripoli e temendo un’escalation che potrebbe compromettere il fragile cessate il fuoco stabilito nel 2020.
Le figure che hanno preso il potere nel 2011 continuano a dominare la scena politica libica,
dimostrando un persistente conflitto per il controllo e una mancanza di soluzioni effettive alla crisi. Questo perpetuo stato di instabilità è alimentato dagli interessi personali e politici degli attori coinvolti, che trovano vantaggio nella continuazione dello status quo. Le complessità della situazione risiedono negli obiettivi divergenti delle fazioni in lotta, che ostacolano ulteriormente il processo di risoluzione e perpetuano un sistema politico frammentato.
In questo contesto, le recenti mosse di Khalifa e Saddam Haftar hanno alzato il livello di
preoccupazione. Mercoledì scorso, i due comandanti hanno ordinato il movimento delle loro truppe verso la città di Ghadames e il valico di frontiera di Debdeb, attualmente sotto il controllo del Governo di unità nazionale di Tripoli. Questa escalation ha spinto le missioni diplomatiche di Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti a innalzare il livello di allerta, temendo che tali manovre potessero provocare scontri violenti.
Le preoccupazioni si sono amplificate dopo che Saddam Haftar ha ordinato la chiusura del
campo petrolifero di al-Sharara, minacciando nuove tensioni. Questo atto è stato motivato da una nota di arresto emessa dalle autorità spagnole contro di lui per il suo presunto coinvolgimento nel traffico di armi, accusa emersa durante il suo ritorno in Libia da un viaggio in Italia.
La situazione è ulteriormente complicata dalla presenza delle forze ex Wagner, riorganizzate
sotto nuove sigle e operative nella regione del Sahel per garantire i contratti logistici strategici. I legami tra Haftar e la Russia, che supporta il suo controllo su territori ricchi di risorse, aggiungono ulteriore complessità alla già intricata dinamica libica.
La Libia oggi è divisa tra due coalizioni rivali: il Governo di unità nazionale di Tripoli, sostenuto dalla Turchia e riconosciuto a livello internazionale, e il governo parallelo di Bengasi, legato al generale Haftar e supportato dalla Russia. Le iniziative per un accordo politico e l’organizzazione di elezioni sono fallite, lasciando il Paese in una situazione di instabilità e frammentazione.
L’attuale scenario politico libico dimostra una crisi profonda e una crescente difficoltà nel trovare una soluzione unitaria, rischiando ulteriori conflitti e divisioni interne.
Libia, le divisioni politiche e la crisi istituzionale
La crisi politica in Libia si intensifica, con nuove divisioni tra Tripoli e Bengasi che alimentano l'instabilità e le tensioni internazionali.
Articoli correlati
Guido Gargiulo
Appassionato di Taiwan, Asia e Africa. Laureato in Lingue e Culture dell’Europa e delle Americhe presso l’Università L’Orientale di Napoli, ho approfondito lo studio del cinese al Taiwan Mandarin Educational Center e all’Istituto Confucio. L’Africa ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore, con studi anche del Kiswahili, una delle lingue più parlate nel continente.