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Libia, l’attivista e avvocato Hanan Al-Baraasi uccisa a Bengasi

Un commando armato su tre auto è piombato sulla principale via commerciale di Bengasi, Shara Ishreen (Via 20) e ha sparato contro Hanan Al-Baraasi, colpendola in testa per poi fuggire. Un’azione di militari professionisti che hanno agito in mezzo alla folla e con il viso coperto da passamontagna. Hanan è stata portata nell’ospedale centrale della città, Al-Jalaa, ma vi è arrivata già morta.
Hanan era una avvocata e attivista per i diritti umani, che si contrapponeva fortemente agli jihadisti ma altrettanto contraria al potere dei militari, imposto con la forza alla città capoluogo della parte orientale della Libia. E non ha mai chinato la testa: la sua opinione a Bengasi si è fatta sempre sentire, con i media radio, TV e carta stampata oppure con i social. Recentemente era stata minacciata di morte e sua figlia aveva subito uni sventato tentativo di rapimento. Alla sua casa era stata assegnata  una protezione armata.
Malgrado il suo sostegno all’azione dell’esercito LNA guidato dal generale Haftar, contro i jihadisti che hanno occupato Bengasi e Derna per diversi anni, negli scorsi giorni aveva sfidato il figlio del generale, Sadddam, accusandolo di aver scalato troppo in fretta i gradi militari, superando altri ufficiali meritevoli. Si era anche chiesta quali fossero le fonti della ricchezza che ostenta il figlio del generale e capo di una delle Brigate che compongono LNA, facendo cenno alle tangenti sulle commesse militari.
La città di Bengasi e tutta la Libia è in lutto, per una donna coraggiosa che non si è tirata indietro di fronte alle ingiustizie che la società libica ha subito e sta subendo per mano di uomini armati che si sentono detentori di una impunità, al di sopra della giustizia. E’ avvenuto in passato, nel 2014, con l’assassinio di Salwa Buqiaghis, professoressa universitaria e politica componente del CNT che ha guidato la rivolta del 2011; è avvenuto con il rapimento di Siham Sejewa dalla sua casa, mai più ritrovata. Una scia di rapimenti ed assassinii che sono iniziati già durante la rivolta con l’assassinio del capo di Stato maggiore delle forze armate rivoluzionarie per mano di miliziani jihadisti, mai processati e mai puniti.

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