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Libertà di stampa negata, in Africa si muore se il giornalista fa bene il suo lavoro

Sono 23 su 54 i paesi classificati rossi (“situazione difficile”) o neri (“molto grave”) nel World Press Freedom Index 2022 di Reporter senza frontiere che valuta lo stato del giornalismo in 180 Paesi e territori. Rsf rileva come negli ultimi anni un’ondata di leggi restrittive che criminalizzano il giornalismo online abbia inferto un duro colpo al diritto all’informazione in Africa e “al contempo la diffusione di voci, propaganda e disinformazione ha contribuito a minare l’accesso a informazioni di qualità” denuncia l’organizzazione.

“La liberta’ di stampa ha molte sfaccettature nel continente africano, che vanno dall’abbondanza di organi di informazione in Senegal (73mo in classifica) e Sudafrica (35mo), al silenzio assordante dei media privati in Eritrea (179mo, penultimo posto assoluto) e Gibuti (164mo)”, si legge nel rapporto.
Nonostante un’ondata di liberalizzazione negli anni ’90, si verificano ancora, troppo spesso, casi di censura arbitraria, soprattutto su Internet con chiusure occasionali di reti in alcuni Paesi, arresti di giornalisti e attacchi violenti. Questi di solito rimangono completamente impuniti, come nel caso della scomparsa nel 2016 del giornalista maliano Birama Toure che – come ha dimostrato Rsf – è stato rapito da un’agenzia di intelligence maliana e molto probabilmente ucciso mentre era detenuto segretamente.
In Africa, i giornalisti continuano a morire e il più delle volte gli assassini rimangono impuniti. Nel continente africano sono stati uccisi 110 giornalisti negli ultimi 10 anni metà dei quali in Somalia, il posto più pericoloso per i professionisti dell’informazione.

I sei Paesi africani “neri” sono agli ultimi posti dei 180 esaminati a livello planetario. Figurano in fondo alla classifica e la maglia più nera è dell’Eritrea (180°). La Somalia è al 161°, seguita da Guinea equatoriale (164°); Libia (165°); Egitto (166°) e Gibuti (176°),.

Nonostante la caduta di alcuni dittatori africani – come in Sudan, Angola, Zimbabwe e Congo-K – i giornalisti hanno vita sempre più difficile. Lo sviluppo di un giornalismo di qualità, libero e indipendente, è ancora troppo raro. Purtroppo, in quasi tutti i paesi africani, i media pubblici “…rimangono nella morsa del potere” – si legge nel rapporto RSF.
“Generalmente sono contenti di trasmettere la comunicazione del governo senza riflettere la diversità di opinioni nella loro società”.
Insomma, un’informazione di parte che non svolge appieno le sue funzioni.

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