Le violente proteste giovanili che interessano il Kenya dopo l’emanazione del disegno di legge finanziaria, c.d. Finance Bill, il 25 giugno 2024, hanno scatenato il malcontento verso la politica del Presidente Ruto. La legge finanziaria necessitava della sola firma dello stesso Ruto, cosa che è stata impedita con le proteste.
Il Presidente, che a seguito della rivolta si è fatto trasportare in una località sicura, non ha mostrato cenni di cedimento contro gli atti di violenza. E’ stato mobilitato l’esercito e sono state autorizzate le forze dell’ordine a sparare sui giovani manifestanti, che hanno preso d’assalto e dato alle fiamme parte degli edifici del Parlamento a Nairobi, cosa definita da Ruto come una minaccia per la sicurezza nazionale. Contro la violenza dei manifestanti sarebbe stata usata altrettanta se non maggiore violenza da parte della polizia.
Politico di lungo corso, Ruto è stato eletto nel 2022 con un programma di risanamento dell’economia del Paese, la cui inflazione, durante la sua presidenza, ha raggiunto il 5,1% e il cui tasso di disoccupazione giovanile ha safiorato il 70%. Il tentativo maldestro di incidere positivamente sull’economia del Paese si è compiuto con una legge finanziaria che imponeva nuove tasse e rincari sui prezzi di diversi beni di primo consumo, come l’Iva del 16% sul pane e quella sull’olio vegetale. Il disegno di legge prevedeva anche nuove tasse sulle autovetture private, su cui era stata prevista una tassa del 2,5%, come anche tasse sulle transazioni di denaro mobile, come il c.d. M-Pesa, molto diffuso nel Paese.
La finanziaria avrebbe dovuto venire incontro alle istanze del Fondo Monetario Internazionale, che richiedevano l’adozione di misure di austerità in un Paese posto in una situazione economica difficile a causa dell’elevato debito nazionale, pari a circa 80 miliardi di dollari. La popolazione del Kenya conta 54 milioni di abitanti, di cui 19 vivono al di sotto della soglia di povertà, mentre 15 milioni vivono in condizioni di povertà estrema.
L’abbinamento di Ruto a disordini popolari violenti non è una novità. Anni fa, allora non in qualità di Capo di Stato, fu inquisito dalla Corte penale internazionale per presunti crimini contro l’umanità occorsi durante le violenze post-elettorali in Kenya del 2007/2008, che colpirono sei delle otto province keniane. Le violenze erano state di una certa gravità in quella occasione.
Infatti, dalle indagini che il Procuratore aveva avviato motu proprio era emerso che oltre 1.000 persone erano state uccise nei modi più brutali, bruciate vive o decapitate. Importante era risultato anche il numero di atti di stupro e violenza sessuale, compiuti in gruppo e culminati in mutilazioni genitali o in circoncisioni forzate. Allora i feriti gravi furono 3.500 e 350.000 fu il numero degli sfollati. Tuttavia, il 5 aprile 2016, la Trial Chamber decise che il procedimento contro William Samoei Ruto dovesse essere archiviato.
Le violenze del 2024 contro i manifestanti ad opera della polizia sarebbero, secondo le critiche, addirittura peggiori di quelle del 2007/2008, stando anche alle dichiarazioni del Presidente dell’Associazione medica del Kenya, Simon Kigondu. Oltre ai morti, più di una ventina a fine giugno 2024, organizzazioni non governative come Amnesty International hanno denunciato decine di arresti e di sparizione forzate da parte delle forze dell’ordine.
Sarebbero stati attaccati persino i mezzi della Croce Rossa, intervenuti per prestare soccorso ai manifestanti feriti.
Poiché l’organizzazione delle proteste parte dai giovani e viaggia in rete, su piattaforme come X e TikTok, di cui il Kenya è uno dei massimi utilizzatori mondiali, sono state imposte limitazioni ad internet, come confermato dalla Safaricom, una compagnia di telecomunicazioni del Paese.
Giorni di mobilitazione popolare hanno avuto come effetto il ritiro della legge finanziaria da parte del Presidente, ma di certo si è trattato di una delle crisi peggiori della storia del Paese. Una parte dei manifestanti, nonostante il ritiro della finanziaria, ha continuato a chiedere anche le dimissioni del Presidente Ruto, minacciando di occupare la residenza dello stesso.
A ben vedere, questa mobilitazione non è certo paragonabile alle violenze del 2007/2008, poiché i numeri, quantomeno quelli iniziali, sono notevolmente inferiori. Essa però ci descrive una situazione di pericolo per questa democrazia africana. Le repressioni violente si accompagnano a violazioni dei diritti umani, tra i quali quello a manifestare liberamente contro provvedimenti legislativi iniqui per la popolazione. In Africa le tensioni politiche spesso risvegliano sopite tensioni etniche, dove fazioni rivali finiscono per intestarsi rivendicazioni sociali, adducendo di essere loro le vere vittime di diritti violati e di soprusi. Inoltre, questa volta si tratta di un movimento di protesta acefalo, privo di leader, poiché è promosso e portato avanti da una moltitudine rappresentativa di una fascia sociale ben precisa, quella della “generazione Z”, più istruita e informatizzata. Il rischio è che qualche personalità forte possa cavalcare la protesta e strumentalizzarla per altri fini, fomentando le folle e mettendo gli uni contro gli altri. Le rivolte popolari sono salutari per la democrazia fintantoché non degenerano e non fanno sì che la disapprovazione per le scelte politiche dei potenti di turno non sfoci in sentimenti che trasformano il malcontento in odio sociale.