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Il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov incontra l'omologo etiope Demeke Mekonnen ad Addis Ababa, 27 Luglio 2022 AFP PHOTO

In Africa si sta giocando una partita che travalica i confini del continente

La visita dell’inviato speciale per il Corno d’Africa statunitense, Mike Hammer. La “campagna africana” del Ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov.
I movimenti di Egitto e Somalia sulla Grand Ethiopian Renaissance Dam. Le iniziative diplomatiche Usa nel continente.

L’inviato speciale per il Corno d’Africa statunitense Mike Hammer, dal 24 Luglio al 1 Agosto è stato impegnato in un viaggio diplomatico che ha toccato Egitto, Emirati Arabi Uniti ed Etiopia.

Grand Ethiopian Renaissance Dam.

Al centro dei colloqui la ricerca di una risoluzione diplomatica sulla questione Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) che interessa Egitto ed Etiopia e la cui garanzia (alla quale dovrebbe far pesare il proprio ruolo anche l’Unione Africana) contribuirebbe “ad una regione più sicura e prospera” come auspicato nella nota del Dipartimento di Stato americano.

La nota del Dipartimento di Stato Usa sulla Grand Ethiopian Renaissance Dam
La nota del Dipartimento di Stato Usa sulla Grand Ethiopian Renaissance Dam

A metà Luglio, Mike Hammer, in un incontro tenutosi a Gedda in Arabia Saudita con il Presidente egiziano Al-Sisi, aveva già toccato la questione. Pur ribadendo “il sostegno degli Stati Uniti alla sicurezza idrica egiziana” aveva sottolineato come gli Usa fossero impegnati ad una risoluzione diplomatica della questione, a garanzia degli interessi di tutte le parti in gioco.

Già le parti in gioco. Egitto ed Etiopia non sono le sole, all’interno della partita, che travalica i confini nazionali di entrambe i paesi, si inseriscono Sudan, Somalia, Russia, Emirati Arabi Uniti, Usa.

Il Presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, il 25 Luglio, durante la visita in Egitto, aveva incassato il sostegno di Al-Sisi alla ricostruzione del paese, dilaniato ormai da una guerra trentennale e bisognoso di ingenti finanziamenti e supporto strategico anche in vista della lotta al gruppo terroristico di Al-Shabaab, che proprio nelle ultime due settimane ha intensificato le sue azioni a confine con il vicino etiope.

L’impegno egiziano è arrivato nel bel mezzo dei colloqui sulla GERD; non a caso poche ore dopo la partenza dell’omologo somalo, Al-Sisi si è affrettato a dichiarare come il risultato dei colloqui fosse una posizione nettamente contraria a qualsiasi decisione unilaterale in merito alle acque del Nilo Azzurro.

Secondo una dichiarazione ufficiale lui e il suo ospite “hanno sottolineato la necessità di raggiungere senza indugio un accordo vincolante sul riempimento e sul funzionamento di Gerd sulla base della dichiarazione presidenziale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel settembre 2021 al fine di preservare la sicurezza e la stabilità regionale”.

Il Presidente Somalo Hassan Sheikh Mohamud con il suo omologo egiziano Abdel Fattah al-Sisi
Il Presidente Somalo Hassan Sheikh Mohamud con il suo omologo egiziano Abdel Fattah al-Sisi

Il riferimento è alla presa di posizione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 2021, che chiedeva a Etiopia, Egitto e Sudan di tornare al tavolo dei negoziati e concordare sul funzionamento della diga anche a garanzia dei paesi a valle.

Tavolo dei negoziati abbandonato dall’Etiopia a causa delle richieste egiziane: un rallentamento nel riempimento dei vasi della diga, la garanzia di quote idriche nettamente maggiori da quelle prospettate dall’Etiopia.

Un’affermazione forte, forse troppo netta, corretta a stretto giro dal portavoce presidenziale Abdikarin Ali Kaar che ha affermato alla BBC che “i presidenti di Egitto e Somalia non hanno condiviso alcuna posizione congiunta ufficiale sulla costruzione e il riempimento della diga”.

La posizione della Somalia, quindi, è di sostegno alle leggi internazionali che regolano l’uso delle acque del Nilo. Una posizione più comoda e che dona ampio respiro alle mosse diplomatiche di Hassan Sheikh Mohamud, impegnato sin dai primi giorni della sua presidenza a riallacciare rapporti internazionali di peso.

La “campagna africana” del Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov.

Shuttle diplomacy che sta impegnando anche il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, in visita nella capitale etiope mercoledì scorso, ove ha incontrato il presidente del Paese, Sahle-Work Zewde, e il ministro degli Esteri, Demeke Mekonnen.

Il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov incontra l'omologo etiope Demeke Mekonnen ad Addis Ababa, 27 Luglio 2022 AFP PHOTO
Il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov incontra l’omologo etiope Demeke Mekonnen ad Addis Ababa, 27 Luglio 2022 AFP PHOTO

Un tour diplomatico, quello del ministro russo, che lo ha portato in Egitto, Congo, Etiopia e Uganda, teso a persuadere i paesi del continente – fortemente dipendenti dalle importazioni di grano da Russia e Ucraina – che il blocco dei container nei porti ucraini non sia responsabilità del Cremlino ma dell’Europa e del governo di Kiev.

Un modo anche per far vedere che, a fronte delle sanzioni e delle affermazioni dell’occidente, la Russia -nei fatti- non è affatto isolata, anzi, e può contare sui paesi del continente, sul loro appoggio e contro una visione unipolare del mondo voluta da Usa ed Europa.

La dipendenza dell'Africa dall'export di Russia e Ucraina. Credit: ISPI
La dipendenza dell’Africa dall’export di Russia e Ucraina. Credit: ISPI

Per questo ha fortemente criticato la forte dipendenza dei paesi africani dal dollaro Usa e  commentato come lo spostamento verso altre valute “più promettenti” sia un processo che “prenderà slancio”.

Argomenti ripetuti al termine dell’incontro con il presidente egiziano Abdelfattah Al-Sisi,  con il segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, esortatondo il mondo arabo a sostenere la Russia “contro i tentativi palesi degli Stati Uniti e dei loro satelliti europei di prendere il sopravvento”.

Argomenti di facile presa, soprattutto in paesi dove il sentimento antiamericano è forte.

Un’iniziativa diplomatica estremamente importante, quella di Lavrov, una “campagna africana” in un continente dove 25 paesi si sono mantenuti “equidistanti” tra Russia ed Occidente, di cui non hanno condiviso le sanzioni, e dove in 9 hanno votato contro la risoluzione Onu di condanna per l’aggressione russa all’Ucraina. L’Africa rappresenta, a tutti gli effetti, un argine anti Occidente che vede oggi Mosca come il puntello principale.

“Le speculazioni della propaganda occidentale e ucraina secondo cui la Russia starebbe ‘esportando la fame’ sono assolutamente infondate”: è un virgolettato tratto da una lettera scritta da Sergei Lavrov e pubblicata sui giornali dei quattro paesi africani toccati dalla sua visita.

Farmers, wearing protective face masks, carrying seed bags received from FAO at a distribution centre, Mai-Mekden village, Tigray region, Ethiopia, May, 2021. ©FAO
25 May 2021, Mai-Mekden, Tigray, Ethiopia – Contadini ricevono sementi per la semina stagionale. ©FAO

Proprio l’Africa è tra i continenti che sta maggiormente scontando l’inflazione alimentare determinata dal conflitto, come pure dall’aumento dei prezzi di gas e petrolio. Per questo Lavrov ha provato a dissimulare le responsabilità russe in merito, garantendo -attraverso l’accordo con Ucraina e Onu firmato in Turchia, l’arrivo sui mercati di 25 milioni di tonnellate di frumento e derivati.

Africa: la “logica dei due blocchi”.

In ogni questione che possa porsi a livello internazionale, il continente soffre le pressioni di Russia ed Occidente, memore del periodo coloniale, dell’orrore di conflitti alimentati e di economie predate.

Non è un caso che Lavrov abbia elogiato i paesi africani per la loro indipendenza rispetto al conflitto ucraino ed abbia aggiunto nel suo commiato che la Russia è pronta a sostenerli “a completare il processo di decolonizzazione”.

Il Segretario di Stato Usa Antony Blinken, Credit: REUTERS/Michael A. McCoy/Pool/File Photo
Il Segretario di Stato Usa Antony Blinken, Credit: REUTERS/Michael A. McCoy/Pool/File Photo

Se Mosca tratteggia il suo disegno, Washington non rimane a guardare. Il giorno dopo la visita di Lavrov ad Addis Abeba, gli Usa hanno annunciato una missione diplomatica del Segretario di Stato Antony Blinken dal 7 all’11 Agosto, che toccherà Sud Africa, Repubblica democratica del Congo e Rwanda a cui si affiancherà il viaggio dell’ambasciatore Usa presso le Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield, in Ghana e Uganda il 4 agosto.

Il presidente americano Joe Biden ha annunciato un vertice con i leader africani a Washington dal 13 al 15 dicembre, sottolinenando come l’evento permetterà di dimostrare “l’impegno duraturo degli Stati Uniti nei confronti dell’Africa”, anche se dalla Casa Bianca smentiscono che il summit costituisca una ‘risposta’ alla presenza crescente di Russia e Cina nel continente.

“Riteniamo che gli Stati Uniti offrano un modello migliore – ha commentato un funzionario Usa a Reuters – ma noi non chiediamo ai nostri partner africani di scegliere”, dopo l’annuncio da parte di USAID di aiuti per 1,3 miliardi di dollari destinati ad Etiopia, Kenya e Somalia per la lotta alla siccità.

“Quando gli elefanti combattono è sempre l’erba a soffrire”.

Le posizioni degli attori internazionali sull’Etiopia o -proiettandole in posizione più ampia- sull’intero continente, sembrano rispondere più alla cinica logica della concorrenza strategica, che alle reali necessità degli etiopi o se volete degli africani.

Così come l’Etiopia, l’intero continente sembra essere stato parcellizzato dagli interessi stranieri, in maniera ancor più profonda e capillare del periodo coloniale.

Ma a differenza di quest’ultimo, non sono pochi gli stati che oggi vorrebbero mantenere posizioni equidistanti anche se il voto presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite fa ben capire quanto la Russia sia penetrata in profondità negli affari e nelle stanze del potere del continente.

La paura di rimanere invischiati in logiche che esulano dalle vere esigenze del proprio paese, potrà portare a posizioni più equilibrate anche se il presentimento, così come per la questione del grano o della Grand Ethiopian Renaissance Dam è che tale equilibrismo cederà di fronte interessi più grandi.

“Quando gli elefanti combattono è sempre l’erba a soffrire” recita un proverbio africano: quando i potenti combattono per i loro interessi personali, a farne le spese sono sempre i più deboli.

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