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Il ricordo, 7 anni senza Mandela. Quando a Trafalgar Square ci specchiavamo nel suo sguardo

Ho avuto il grande privilegio di ascoltare, avvicinare, guardare negli occhi Nelson ‘Madiba’ Mandela a Trafalgar Square il 3 febbraio del 2005. Grazie alle sue parole la campagna globale per la lotta contro la povertà stava mutando, trasformandosi in un avuto il grande privilegio di ascoltare, avvicinare, guardare negli occhi Nelson Madiba Mandela. Era un freddo, freddissimo febbraio londinese, ma il calore di Trafalgar Square e l’abbraccio degli oltre 20mila accorsi a sostenere la campagna ‘Make poverty history‘, scaldava corpi e anima che in silenzio si nutrivano delle parole di colui che non si può definire in altro modo che ‘gigante’ della storia. Oggi, nell’anniversario della sua morte, lo ricordo con il racconto di quella giornata che non mi stancherò mai di riproporre. Le parole, le sensazioni, lo sprone a essere migliori, a fare di più, di una giornata che mi ha cambiato la vita.

Il freddo era pungente. Cristallizzava i pensieri che nell’attesa del discorso di Nelson Mandela, in una stracolma Trafalgar Square, si affollavano nella mia mente. Le sue prime parole sciolsero tutto, infondendo un calore che scaldava l’anima estendendosi come per magia al corso, che non tremava se non per i brividi dell’emozione.
Madiba inizio il suo discorso ribadendo la volontà espressa pochi mesi prima di voler lasciare la vita politica per dedicarsi alla sua famiglia e al suo impegno di sensibilizzazione. Gran parte di noi giornalisti eravamo lì per quello.
Ricordo che i suoi occhi erano lucidi mentre diceva che “fintanto la povertà, l’ingiustizia e la disuguaglianza persisteranno nel nostro mondo, nessuno di noi potrà veramente riposare“.
Grazie alle sue parole la campagna globale per la lotta contro la povertà stava mutando, crescendo, trasformandosi in un movimento pubblico alla stregua di quelli per l’abolizione della schiavitù e contro l’apartheid.
Descriveva la fame, la mancanza di assistenza sanitaria e di scolarizzazione e la disuguaglianza come osceni e terribili flagelli della nostra epoca soprattutto a fronte di “tempi in cui il mondo vanta progressi impressionanti nel campo della scienza, della tecnologia, dell’industria”.
Ancor oggi, nel terzo millennio, milioni di persone nei paesi più poveri del mondo restano imprigionati, schiavi, incatenati a una vita di sofferenza nella prigione di povertà.

Nel 2005, con il discorso di Trafalgar Square, è partita la battaglia per liberarli.

La sferzata di Madiba che ricordava come la povertà, alla pari di schiavitù e apartheid, fosse ‘non naturale’, e dunque potesse essere superata e sradicata dalle azioni degli esseri umani, ha sollecitato i potenti del mondo ad assumersi impegni affinché qualcosa cambiasse… impegni che non tutti hanno mantenuto.
I passi che chiedeva il premio Nobel per la pace da parte delle nazioni sviluppate erano chiari. Il primo era la garanzia di equità nel commercio.
“La giustizia nel commercio è un modo veramente significativo per i paesi sviluppati di mostrare un reale impegno al contrasto della povertà globale. Come la fine della crisi del debito dei paesi più poveri e l’invio di aiuti molto più consistenti e di altissima qualità”.
Ma ad oggi di strada in tal senso ne è stata percorsa poca.
Quel monito dovrebbe essere il faro per quanti si battono per la fine della povertà, che non è un gesto di carità ma un atto di giustizia. La tutela di un diritto umano fondamentale, il diritto alla dignità, a una vita decorosa.
Come ripeteva sempre Mandela ‘mentre la povertà persiste, non c’è vera libertà’.
E ora più che mai va rilanciato quel messaggio.
“Agire con coraggio e lungimiranza” chiedeva ai leader mondiali. E ai giovani diceva: “Mi affido a voi. Starò a guardare con ottimismo. A volte una generazione deve fallire per far si che la successiva sia grande. E voi potete esserlo. Lasciate che il fiore della vostra grandezza sbocci”.
Quelle parole sono state per me, e sono tuttora, fonte di ispirazione e di incoraggiamento.
Hanno reso più forte e convinto il mio impegno per i diritti umani, che ha caratterizzato fortemente il mio percorso professionale.
Mandela è stato il mentore, lo sprone,  per intere generazioni che hanno un compito affatto facile.
“Non si può più guardare dall’altra parte, chi è povero non può essere sfamato con le parole ma con le azioni. Bisogna agire per cambiare il mondo” fu l’appello finale da Trafalgar Square di Madiba sottolineando che  non farlo equivaleva a un crimine contro l’umanità. Chiedeva al mondo di fare di più, di tirarsi su.
Stand up… per poter procedere insieme, tutti a testa alta.

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