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Guinea Equatoriale, esplosioni in un campo militare. Decine di morti e centinaia di feriti

Domenica pomeriggio, 7 marzo, intorno alle 16 (la stessa ora italiana), la principale città della Guinea Equatoriale, Bata, è stata scossa da quattro esplosioni che hanno devastato un campo militare e i quartieri circostanti. Secondo i dati ufficiali più recenti, diffusi dal Ministero della Salute, i morti sono 98 e i feriti 615, di cui 299 ancora ricoverati negli ospedali:

Il pensiero non può che andare alla catastrofe di Beirut, in Libano, quando il 4 agosto 2020 una enorme esplosione ha devastato il porto e la città, causando oltre 200 morti e 7000 feriti.

La tragedia
Il 78enne presidente Teodoro Obiang Nguema, che detiene il record mondiale di capo di stato più longevo con 42 anni di potere, ha rilasciato una dichiarazione all’emittente pubblica Television de Guinea Ecuatorial (TVGE) in cui ha spiegato che le esplosioni sono state causate da una «gestione negligente della dinamite» all’interno dell’armeria di un campo militare nel distretto Nkoa Ntoma, che ospita elementi delle forze speciali e della gendarmeria. Secondo la ricostruzione presidenziale, i depositi di esplosivo avrebbero preso fuoco a causa dei fuochi accesi da alcuni contadini nei loro campi, che poi avrebbero raggiunto l’area militare. Gli effetti disastrosi si sono poi estesi in gran parte della città, che è anche la capitale economica del piccolo stato centrafricano: «gli scoppi hanno danneggiato quasi tutti gli edifici di Bata», ha continuato Objang Nguema.
Alcune immagini della città devastata sono state pubblicate dal Ministero della Salute:

Un filmato è stato diffuso dall’emittente locale Radio Macuto:

Per alcune ore, le comunicazioni telefoniche tra Bata e la capitale Malabo – che si trova sull’isola di Bioko, piuttosto distante dal continente – sono state difficili se non impossibili. Le immagini trasmesse dalla televisione pubblica sono molto dure, con case ridotte in macerie e grandi e diffusi pennacchi di fumo. Soprattutto, però, le riprese dei feriti estratti dai calcinacci, specie i bambini, sono particolarmente strazianti, dal momento che poi spesso queste persone sono state costrette a restare sul pavimento degli ospedali, in attesa che si liberasse un posto.
Il webjournal locale AhoraEG ha diramato una drammatica foto dell’estrazione di un bambino dalle macerie:

Oltre alle operazioni di primo soccorso, le autorità guineane hanno organizzato un team di psichiatri, psicologi e infermieri specializzati in situazioni di emergenza per assistere le vittime dell’esplosione su un piano sanitario più ampio: «i danni non sono solo fisici ma anche mentali», per cui vanno affrontati anche l’angoscia, il dolore, i comportamenti violenti e il consumo eccessivo di sostanze psicoattive che possono manifestarsi dopo il trauma.
Il vicepresidente, figlio del capo di stato, Teodoro Nguema Obiang Mangue, soprannominato Teodorin, è apparso su TVGE in visita sul luogo del disastro, circondato dalle guardie del corpo, annunciando un’inchiesta e facendo appello alla comunità internazionale per sostenere il paese in questi momenti così drammatici, resi ancora più difficili dalla combinazione tra la crisi economica dovuta alla caduta dei prezzi del petrolio e la pandemia di Covid-19.
Come mostra la stampa locale, in queste ore le manifestazioni di solidarietà sono molte:

Messaggi di cordoglio e sostegno sono giunti da tanti leader del continente africano e da tutti i corpi diplomatici in Guinea Equatoriale. Alcuni ambasciatori hanno anche esortato i propri compatrioti presenti nel paese e, in particolare, nella città di Bata, di restare a casa (come ha fatto la Spagna) o di circolare il meno possibile (come ha chiesto la Francia), al fine di facilitare i soccorsi, specie nelle zone più colpite, e di rispettare il coprifuoco e lo stato di emergenza decretato dalle autorità locali.

Breve storia del paese e della città di Bata
La città di Bata ha circa 300mila abitanti ed è il centro nevralgico di un paese ricco di petrolio e gas, ma il cui regime al potere è ripetutamente accusato di violazioni dei diritti umani dai suoi oppositori e dalle organizzazioni internazionali. Bata fu fondata nel XVII secolo dai portoghesi sui resti di un villaggio Fang, poi fu dominata dai francesi a partire dalla fine del XIX secolo, per poi passare al dominio spagnolo nel corso del XX secolo, fino al 1968, quando la Guinea Equatoriale raggiunse l’indipendenza. Per tutti gli anni ’70 il paese si trovò in una stagnazione economica e sociale, sotto un regime noto come “prima dittatura Nguemista”, dal nome del primo presidente, Francisco Macías Nguema, il quale abrogò gran parte della costituzione in senso autoritario e si autoproclamò presidente a vita. Successivamente il paese visse un boom petrolifero, coinciso con la cosiddetta “seconda dittatura Nguemista”, dal nome del nipote, l’attuale presidente, che è al potere dal 1979, quando realizzò un colpo di stato che portò all’arresto, al processo e alla condanna a morte del primo presidente. Da allora la Guinea Equatoriale ha avuto ulteriori riforme costituzionali, sempre in chiave piuttosto autoritaria, e altri golpe, ma tutti repressi dal regime. Parallelamente, la crescita economica del paese è stata notevole e, in alcuni frangenti, ha toccato tassi del 33%, per cui oggi la Guinea Equatoriale è il terzo maggior produttore di greggio dell’Africa sub-sahariana, dopo Angola e Nigeria.

Una ricchezza ingiusta e diseguale
Questa straordinaria ricchezza, tuttavia, non è equamente distribuita, per cui negli ultimi decenni sono venute a crearsi ulteriori tensioni e squilibri: su una popolazione complessiva di circa 1 milione e 400mila abitanti, nel paese ci sono almeno 800mila persone in condizioni di povertà. Negli anni a cavallo tra XX e XXI secolo, anche le pressioni straniere sono cresciute, sia per la presenza di numerose multinazionali petrolifere, sia per alcuni colpi di stato, come nel 2004, quando è stata accertata la partecipazione di mercenari sudafricani ed europei, nonché il coinvolgimento di sir Mark Thatcher, figlio di Margaret Thatcher, condannato nel 2005 a 4 anni di carcere da un tribunale del Sud Africa per aver finanziato l’operazione, sebbene poi non abbia scontato nemmeno un giorno in prigione.
Il presidente Obiang Nguema, dunque, pur trovandosi in una situazione di enorme precarietà, tra tensioni interne e internazionali, è comunque stabilmente al potere da decenni, nonostante le ripetute accuse di violazioni dei diritti umani da parte di Human Rights Watch, Amnesty International e altre organizzazioni non governative. La tragedia di domenica nella città di Bata svela tragicamente la fragilità di un paese governato con assolutismo e particolarmente chiuso che, invece, ha urgente bisogno di aperture e cooperazione.

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