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Gli auguri dell’ipocrisia occidentale e orientale per i 57 anni dell’Unione Africana

L’Unione Africana ha da poco compiuto 57 anni dalla sua creazione. E non è mancata la festa dell’ipocrisia.

“Certo i problemi non mancano – ha detto la vice ministra degli Esteri italiana Emanuela del Re, durante la cerimonia di celebrazione – e tra tutti il più grave è la sicurezza. Il terrorismo in Africa continua ad essere una piaga devastante”. Affermare che il problema principale dei 54 paesi che compongono il Continente è il terrorismo, o è ignoranza o è un’offesa gravissima alla realtà di cui si sta parlando.

Semmai, per la maggior parte di quei Paesi, la prima sicurezza è quella alimentare, seguita dall’accesso all’acqua potabile, al lavoro senza essere sfruttati, al rispetto della dignità e alla salute.

L’Africa sarebbe ricca, ma si preferisce lasciarla nella povertà, perché così alle multinazionali viene lasciata la libertà di razziare legalmente molto di ciò che ricavano dal continente, attraverso i paradisi fiscali. Secondo un’inchiesta di Al Jazeera, i cosiddetti “flussi finanziari illeciti” superano il 6% del Pil dell’intero continente, tre volte più di quanto l’Africa riceva in aiuti. Senza contare i 30 miliardi di dollari che queste società rimpatriano: tutti profitti fatti in Africa, ma prontamente trasferiti a casa madre, gestiti dalle piazze finanziarie europee, americane e, da poco, orientali.

Per tacitare le nostre coscienze sporche, preferiamo credere alla tesi per cui la colpa è delle mediocri e corrotte leadership africane, che si sono susseguite nei decenni seguiti al raggiungimento dell’indipendenza della maggior parte degli stati africani negli anni ‘60.Certamente alcuni governi africani sono corrotti, ma la loro propensione alla corruzione e al malaffare fa nella maggior parte dei casi il gioco dei razziatori occidentali e orientali.

Il saggio di Tom Burgis “La Macchina del Saccheggio”, dà il colpo di grazia a questa tesi occidentale accomodante. Per coloro, infatti, che insistono sul fatto che gli aiuti esteri all’Africa compensano il ruolo che i paesi ricchi, le grandi imprese e le organizzazioni internazionali svolgono nel saccheggiare la ricchezza delle risorse del continente, Burgis non le manda a dire. “Nel 2010 scrive l’esportazione di carburante e minerali dall’Africa valeva 333 miliardi di dollari, più di sette volte il valore dell’aiuto che andava nella direzione opposta”. E i paesi africani in genere ricevono solo una piccola frazione del valore che le loro industrie estrattive producono, quantomeno relativamente alle somme che gli altri stati del mondo guadagnano dalle loro risorse

Nel frattempo, i giganti del petrolio, gas e minerali impiegano furbe strategie di elusione fiscale, assegnando la maggior parte del loro reddito alle società controllate nei paradisi fiscali come Bermuda, Isole Cayman e Isole Marshall. Alcuni governi occidentali tollerano e persino difendeno tali accordi, che aumentano i profitti delle società occidentali e delle grandi imprese multinazionali.

La speranza era che con la Cina, in concorrenza diretta con i partner economici occidentali, i paesi africani avrebbero ottenuto condizioni migliori per se stessi. Ma, come ancora una volta Burgis rende dolorosamente chiaro, in molti di questi paesi, tra cui l’Angola, la Repubblica Democratica del Congo, e la Guinea, i cinesi hanno concesso facili finanziamenti ai governi, elaborando accordi segreti che premiano gli investitori cinesi con condizioni ancora più sbilanciate di quelle di cui i governi e le imprese occidentali tendono a godere.

Ci sarebbe un solo argine alla ingordigia occidentale e orientale. Le istituzioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale dovrebbero vigilare e misurare pubblicamente le prestazioni dei loro programmi in modo tale da dimostrare e documentare il loro impatto sulla crescita economica di quel Continente. E’ un lungo lavoro, ma, se non si comincia, l’Africa rimarrà quella che è sempre stata, un Continente da depredare.

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