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Focus internazionale

Gaza, l’evacuazione in diretta

Da ore le bombe di Tel Aviv stacco uccidendo decine di civili. Già nella notte massacrate 19 persone, tra cui una donna e i suoi sei figli

Quando l’ordine arriva in diretta è sconvolgente.
“Mansour com’è la situazione?” “Che dire? Non ho speranze. E’ partito l’ordine di sgomberare il mio quartiere, ma non so dove andare”. Silenzio dall’altro capo del telefono, poi inizia il bombardamento. Più niente, nessuna notizia, fino a stamattina, quando con un messaggio mi ha comunicato di stare bene.

 

 

 

 

 

 

Ecco com’è ogni giorno a Gaza.

Ecco cosa significa non sapere cosa ne è stato dei propri amici, dei propri familiari, delle persone care. Ecco cosa significa vivere la quotidianità sotto le bombe, con il terrore negli occhi, la voce che trema, le linee telefoniche che saltano ogni minuto e non si può neanche più chiedere aiuto.
L’acqua scarseggia, si fa un pasto al giorno, nonostante tutto si cerca di trovare il tempo per rassicurare gli amici. Ma è un attimo e bisogna decidere in un secondo se fuggire o rimanere in casa e rischiare.
L’ ordine di evacuazione è stato diramato ieri pomeriggio anche per il Maghazi Camp, una delle zone finora ritenute meno esposte della Striscia di Gaza. L’esercito israeliano ha ordinato alla popolazione di lasciare le abitazioni per iniziare l’operazione militare.
La famiglia si deve smembrare ancora. Il professor Mansour si è rifugiato da sua sorella mesi fa, dopo che la sua casa è andata distrutta con i primi bombardamenti, e lui è stato ferito al collo. Ora sua sorella, 70 anni, è diretta Alnosyraat, da altri familiari, i suoi figli sono rifugiati in un’altra zona, probabilmente lui si dirigerà a Al Bouraj, ma non sanno neanche loro dove andare di preciso. “Siamo sotto attacco da tutte le direzioni, dalla terra, dal mare, dal cielo. Questa vita sta diventando peggio della morte.”
Da due giorni l’esercito israeliano ha ridotto drasticamente la cosiddetta “zona umanitaria”, ordinando l’evacuazione delle zone di Khan Younis (a nord) e di Deor al- Balah (a est) e Beit Hanoun (a nordest), che erano state designate zone umanitarie non soggette a bombardamento e dove avevano spinto i Palestinesi.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari umanitari (OCHA) riporta che più di 170000 Palestinesi che stanno vivendo in queste zone in tende, containers, centri di raccolta per rifugiati, da venerdì hanno avuto l’ordine di evacuare. In tutto 1 milione e 900.000 persone (tanti erano gli abitanti di Gaza) stanno patendo più di un dislocamento, da quando è iniziato l’attacco dell’esercito israeliano. Si spostano senza alcuna tutela, senza meta, ormai allo stremo.
E’ un esodo biblico senza meta, vecchi, bambini, donne incinte, persone di ogni età, tutti insieme, da una parte all’altra, sotto i colpi dell’artiglieria, i bombardamenti aerei, di notte come di giorno, senza orario.
L’incontro di Doha è stato a dir poco fallimentare, non solo non c’è stato nessun progresso, nessun cessate il fuoco, anzi la situazione appare ancora più esacerbata. Non esiste più una zona sicura a Gaza, se mai ce ne fosse stata una. Questa è la situazione sotto gli occhi impotenti di una comunità internazionale che non vuole vedere.

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