Si chiamavano Aser e Aysel. Avevano solo quattro giorni. Il padre ieri era andato a ritirare il loro certificato di nascita, si è salvato per questo, ma quando è tornato non ha trovato più la sua famiglia. Mohammad Abu al-Qumsan e la moglie Jumana Arafa, una farmacista, si erano spostati prima dalla zona Nord alla parte Sud di Gaza, poi il dislocamento li aveva costretti a trovare riparo nell’edificio, ritenuto “sicuro” e che invece è stato bombardato proprio ieri mattina. I gemellini sono morti nel raid a Deir Al- Balah, al centro della Striscia, insieme alla mamma e alla nonna Rim Jamal al Batraoui.
Negli ultimi tre giorni sono rimaste uccise, dilaniate dalle bombe, più di 100 persone, per la maggior parte bambini, soprattutto nel Maghazi camp, a Al Bureij, a Khan Younis, mentre l’esercito israeliano continua a impartire ordini di spostamento per la popolazione civile da una parte all’altra di Gaza.
Le forze di occupazione hanno moltiplicato i raid nelle ultime ore sui quartieri residenziali e sulle scuole, spiegando che gli attacchi sono mirati a stanare i terroristi di Hamas, che troverebbero rifugio proprio all’interno degli edifici scolastici, come quello di Al Tabai’een, bombardato il 10 agosto, situato accanto alla moschea a Daraj Tuffah, che fa anche da ricovero agli sfollati di Gaza.
L’attacco è avvenuto alle 4.30, ha colpito il cortile proprio mentre molti fedeli erano radunati per la preghiera del mattino. Le testimonianze sono agghiaccianti. Zainab al-Jabri, 80 anni, nel raid ha perso i figli Ziad e Ihab e i suoi sette nipoti. Era rifugiata con la famiglia nella scuola da due settimane, ha ancora negli occhi le scene di panico e il terrore seguito: “La scuola era piena di bambini, donne e vecchi, tutta gente pacifica che si era rifugiata lì. Non c’era nessun motivo per bombardarci”.
Noah Al-Shagnobe ha riferito: “Quelli che stavano pregando e quelli che dormivano al piano di sopra sono morti, tutti. La maggior parte delle vittime erano bambini e anziani e sono stati dilaniati, ridotti in pezzi, bruciati per l’intensità dei bombardamenti. La maggior parte è irriconoscibile.” Rebhi Naser, 57 anni, era in ritardo per la preghiera, si è salvato per un attimo, ma ha perso 10 dei suoi familiari nell’attacco “Quante perdite dobbiamo sopportare ancora?” dice in lacrime. Un’infermiera dell’ospedale Al Shifa, zona nord di Gaza, è collassata dopo aver visto i suoi figli tra le vittime ricoverate dopo il raid.
L’esercito israeliano afferma che 31 tra le vittime erano terroristi appartenenti ad Hamas, che operavano dalla scuola, ma un’indagine preliminare svolta da Euro-Med Human Rights Monitor sostiene che l’elenco dei presunti “terroristi” fornito dai militari presenta numerose inesattezze. Hamas, a sua volta, respinge con forza le accuse di Israele, sostenendo che i suoi non operano assolutamente all’interno di scuole o ospedali, proprio per non mettere a rischio i civili. Si conta che 477 edifici scolastici su 564 siano stati direttamente colpiti o danneggiati pesantemente finora, un danno immenso.
Le Nazioni Unite non fanno che ripetere che anche le guerre hanno regole, la Convenzione di Ginevra sostiene la necessità di limitare ad ogni costo le sofferenze per la popolazione civile; in questa guerra, invece, i civili anziché essere protetti, vengono usati sempre di più come scudi da una parte, come danni collaterali dall’altra. Stiamo assistendo impotenti ad una strage.
Intanto Hamas e Iran si sfilano dai negoziati previsti per il 15 agosto a Doha, che i mediatori hanno convocato per trattare per il possibile cessate il fuoco per la Striscia di Gaza. E’ quanto mai urgente giungere ad una soluzione tra le parti, la popolazione palestinese è allo stremo e l’ipotesi di una risposta iraniana a Israele renderebbe la situazione ancora più devastante.