“Aiutatemi! Aiutatemi a tirarlo fuori!” grida uno dei responsabili del gruppo della Difesa Civile a Tal Al Hawa a Gaza, dopo che un bombardamento aereo ha ridotto in macerie la casa dove si trovava Manar Haddad, un bambino di 6 anni. Il video, diffuso da Abdullah Shahwan, è spaventoso, i soccorritori scavano a mani nude per tirare Manar fuori dalle macerie che lo avevano sepolto.
La scorsa notte un raid nel campo di Jabalia ha centrato la casa di Abu Al-Abd Morsi, il responsabile della Difesa civile della zona Nord di Gaza. Nell’attacco sono deceduti anche alcuni familiari.
A Gaza di notte non si dorme più, le ore scorrono sempre più terrificanti, il suono dei missili che si abbattono sulle abitazioni è una costante che sfibra i già logori nervi degli abitanti di Gaza.
Ma raffiche di artiglieria e bombardamenti si susseguono incessantemente, anche di giorno. Da ieri si segnala una escalation ancora più drammatica, se possibile, che coinvolge indistintamente tutte le zone della città.
Il professor Mansour, docente di Business administration, mi racconta terrorizzato la sua ultima giornata, ma la comunicazione si interrompe più volte. Non è facile comunicare con l’esterno, a Gaza l’elettricità è ridotta, così come l’accesso alla rete. La sua casa è già stata distrutta mesi fa, ora il professore vive in un campo profughi con parte della sua famiglia, dopo essere stato ferito al collo.
Mentre scrivo i razzi stanno centrando diversi edifici, pubblici e privati, colpi di artiglieria si sentono dall’altro capo del telefono. Poi niente più.
Intanto in questo momento anche Khan Younis è sotto attacco di un pesante bombardamento, mentre prosegue la distruzione sistematica delle infrastrutture delle città circostanti: strade devastate dai bulldozer dell’esercito israeliano, edifici scolastici sbriciolati, non c’è più niente che possa dimostrare di trovarsi in un paese in cui si possa vivere. Soltanto cumuli di macerie ovunque.
La popolazione civile si ammassa ovunque nelle tendopoli sulla spiaggia, in cerca di un riparo. In moltissimi hanno perso tutto.
L’ ospedale di Al-Aqsa continua a ricevere i civili colpiti nelle ultime ore nella zona di Al-Hasaniyah, ad ovest del campo di Nuseirat, al centro della Striscia di Gaza. La situazione è sempre più difficile, l’ospedale è al collasso, i medicinali scarseggiano e il personale medico e paramedico è allo stremo.
Intanto i media israeliani affermano che ieri un uomo ha aperto il fuoco e tre israeliani sono rimasti uccisi vicino al ponte Allenby, al confine tra la Cisgiordania e la Giordania. Si tratterebbe di un giordano, Maher Dhiab Hussein al-Jazi, 39, della città Udhruh, nel governorato di Maan. Le autorità israeliane hanno disposto la chiusura del valico per sicurezza, chiudendo così un altro accesso.
Ma la Giordania non ci sta a subire le decisioni unilaterali e le manovre di Israele.
“Ogni tentativo di spostare i palestinesi dalla Cisgiordania verso la Giordania sarà considerato come una dichiarazione di guerra e noi agiremo di conseguenza” ha dichiarato Ayman Safadi, vice primo ministro e ministro degli Esteri della Giordania, durante una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock ad Amman.
Ha aggiunto che la Giordania si sarebbe protetta e avrebbe mantenuto le sue posizioni. “Israele non può negare il fatto che le loro azioni costituiscono un crimine e sono responsabili del pericolo che sta minacciando l’intera regione. Il nostro paese farà di tutto per proteggere la pace, che non può essere conseguita finché il popolo palestinese non otterrà il diritto alla libertà, alla sovranità nazionale, a vivere in pace accanto a Israele.”
L’augurio è che le parole pronunciate al meeting di Cernobbio dalla regina Rania di Giordania, di giungere al più presto ad una tregua, nel rispetto dei diritti umani, abbiano effetto sulla comunità internazionale, che sembra essere sempre più sorda al grido di aiuto che ci arriva dalla Palestina.a