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Forum delle associazioni LGBTQI+ dell’Africa, la storia simbolo di Sam Ndlovu

Una 3 giorni intensa quella vissuta al Forum delle associazioni LGBTQI+ dell’Africa Australe, organizzato a marzo nell’ambito del progetto OUT&Proud promosso da COSPE e SALC – Southern Africa Litigation Centre- per sostenere i diritti delle comunità queer di 3 paesi, Malawi, Eswatini e Zimbabwe

All’evento partecipano però rappresentanti di più di 12 paesi dell’area, dalla Namibia, al Mozambico, dallo Zambia al Sudafrica che ospita l’incontro. La prima occasione di incontro di persona degli attivisti dopo la pandemia e quindi prevale l’euforia e la gioia di rivedersi, nonostante si registrino ancora moltissime violazioni e problematiche che vengono analizzate e sulla base delle quali la comunità LGBTQI+ lancia un piano di azione triennale e la campagna #queerwithoutborders

Incontro Sam nella pausa pranzo della giornata conclusiva del forum, dove è intervenuto per raccontare la situazione in Zimbabwe e i dati raccolti per il primo Barometro regionale sulla esclusione sociale delle persone LGBTQI+.

Sam Ndlovu 38 anni, è il presidente dell’associazione zimbabwana TREAT – Trans Research Education Advocacy and Training. Disoccupazione, discriminazioni a livello familiare e nell’accesso ai servizi, criminalizzazione così come molestie e violenze i principali problemi rilevati e percepiti dalla stessa comunità L‘economia del paese sta attraversando un periodo molto difficile, ormai da parecchi anni. La situazione è difficile per la comunità LGBT. Le persone considerano la nostra comunità come una comunità di persone che bevono e che non sono produttive. Potrei parlarti di tanti esempi di colloqui di lavoro, di responsabilizzazione e della necessità di creazione di spazi formali. La maggior parte delle persone trans hanno anche difficoltà a causa dei loro documenti. In questo momento ad esempio la nostra associazione sta seguendo il caso di una studentessa, una giovane donna trans che è già stata molestata diverse volte sul luogo di lavoro.

In Zimbabwe le persone LGBTQI+ rimangono vulnerabili all’omofobia, alla persecuzione e alla discriminazione a causa del loro reale o percepito orientamento sessuale e dell’identità di genere. La sezione 73 del Criminal Law Act 2006 criminalizza tutti gli atti sessuali tra uomini con una pena di un anno di reclusione e la possibilità di una multa. Una serie di altre leggi penali sono anche utilizzate per sorvegliare direttamente o indirettamente le espressioni di orientamento sessuale e identità di genere non conformi. Queste leggi riguardano il “disturbo criminale”, gli “atti indecenti” e la pubblicazione e diffusione delle cosiddette pubblicazioni “indesiderabili”. Nel Barometro sull’esclusione sociale delle persone LGBTI promosso dal progetto Out&Proudtra il 2020-202, l’88% degli intervistati dello Zimbabwe ha espresso che le persone LGBTQI+non sono trattate in maniera ugualitaria. La metà degli intervistati (51%) non pensa che sia possibile che una persona LGBTQI+ possa stare in spazi pubblici senza temere discriminazioni o violenze, e più della metà (58%) pensa che non sia possibile che una persona LGBTQI+ possa esprimersi in pubblico senza discriminazioni. Questi risultati confermano i risultati di altre ricerche secondo cui le persone LGBTQI+ che rivelano la loro identità di genere sono rifiutate dai membri della famiglia, cacciate da casa o ripudiate. Tra un gruppo di persone LGBTQI+intervistate nel 2020, il 30% aveva sperimentato il rifiuto della famiglia.  Tra le persone transgender, il 55% era stato stigmatizzato da un membro della famiglia a causa della propria identità di genere, e il 50% era stato escluso dalle riunioni di famiglia o dalla comunità a causa della propria identità di genere.

Lo stesso Sam ha dovuto interrompere gli studi in legge per motivi economici. La madre che ha avuto Sam e il suo primo fratello molto giovane, all’età di 19 anni, è stata poi lasciata sola dal marito. Sono nati altri fratelli e la situazione economica della famiglia non permetteva a Sam di sostenere gli studi all’università.

La musica gli offre delle nuove possibilità. “Mi è sempre piaciuta la musica. Anche nell’ambiente in cui sono cresciuto, la musica è stato un grosso aiuto. Da piccolo non c’erano molti bambini con cui potessi interagire e ci sono stati anche alcuni problemi.

Nella mia famiglia, il mio fratello più piccino è più grande di me di dieci anni. Gli altri ancora più grandi e quando finirono il liceo, se ne andarono presto da casa. Ero l’unico rimasto. Ho trovato parecchio conforto nello scrivere poesie e musica. Da bambino, questo era per me un mondo immaginario. Era il mio mondo.

Abbandonata l’università Sam inizia a entrare nel mondo della musica. Pop, remix e urban sound ma anche jazz i suoi generi preferiti. Registra, lavora in un club suonando dal vivo e con il tempo la sua musica diventa popolare. “Qualche anno dopo, ho subito le conseguenze sulla mia pelle della mia identità di genere, nell’ambiente attorno a me e con l’industria della musica

In uno dei suoi spettacoli incontra il direttore di quello che allora era chiamato Centro per i diritti sessuali. Era il 2012.  Mi hanno incontrato in occasione di una mia esibizione e mi hanno invitato a vedere l’organizzazione e il cosiddetto spazio safe. Mi sono offerto volontario, ho fatto un sacco di volontariato lì, e alla fine ho iniziato a lavorare con loro per 7 anni

La transizione già iniziata negli anni dell’università si compie. Dopo un arresto decide di tornare alla sua musica, per darsi una nuova opportunità “e per dare voce alla mia vera persona

La criminalizzazione istituzionalizzata delle pratiche omosessuali in Zimbabwe rafforza lo stigma e produce l’esclusione e la marginalizzazione delle persone LGBTQI+ nelle famiglie, nelle chiese, nei contesti educativi, sanitari e lavorativi. Questo contesto normativo e sociale contribuisce alla bassa autostima che si traduce in tassi di suicidio elevati, abuso di sostanze, malattie mentali, ansia e stress.

Anche Sam ha sfidato l’isolamento dalla famiglia, della comunità e di alcuni amici già a 18 anni. Si iscrive alla prima organizzazione, poi all’università promuove la partecipazione degli studenti di legge a reti delle comunità queer.

quando entri nell’attivismo vuoi cambiare tante cose e migliorarle, ma non ti rendi conto di un grosso problema alla base. Penso che non abbiamo abbastanza supporto per capire che devi crescere anche e soprattutto a livello personale mentre fai il lavoro. Questo vuol dire affrontare di petto i tuoi problemi.

Quindi alcune delle opportunità le perdiamo per esempio per le tensioni con la famiglia. A volte accettano la tua identità o il tuo orientamento sessuale ma non vogliono che tu sia “rumoroso”. Altre volte, quando sei un leader o il volto di esso, i parenti stretti possono stare bene ma la pressione degli altri è forte e in tanti pensano che quando lavori in questo spazio lo fai per soldi, e c’è molta invidia.

In realtà, non abbiamo nemmeno un’idea di come sia il nostro futuro prossimo, e neppure il presente se non hai cose come le cure mediche e non c’è una rete di sostegno.”

Sam adesso è attivo anche a livello internazionale come vicepresidente del Southern AfricanTransforum Network una rete da 11 paesi nel mondo e 19 organizzazioni transgender da tutta la regione.

Ci siamo riuniti per affrontare un problema di discriminazione e per creare uno spazio rivolto alle persone transessuali che stanno iniziando il loro percorso di transizione. Sono persone vulnerabili e normalmente affrontano più violenza perché non possono nascondere l’orientamento sessuale, l’identità e l’espressione di genere. Quindi volevamo creare una rete in cui poter elaborare strategie e ragionare su come creare spazi inclusivi, oltre a garantire una rete di supporto. Nel periodo del Covid, ad esempio, molti dei nostri membri non sono riusciti a ottenere pacchi di cibo subito, ma siamo stati in grado di fornire alimenti e supporti anche per la salute mentale grazie ai fondi e ad altri partner

Anche per Sam i 2 anni pandemici sono stati un periodo difficile a livello personaleAll’inizio del primo anno la pressione era tanta perché sei sempre a casa e qualche volta la famiglia non ti capisce davvero. Ti ritrovi in uno spazio ristretto e sei costretto a stare insieme agli altri tutto il tempo. In questo sei anche a capo di un’organizzazione, non sai quali saranno le future sfide conle persone che avranno a che fare con il lockdown. Mi accenna a come a volte ha persino pensato al suicidio e che questo era un tema che discuteva anche con altri nella sua stessa condizione. “Non vedevamo vie d’uscita perché tutto sembrava prossimo alla chiusura. Ma poi,attraverso quella piattaforma, siamo stati in grado di aiutare noi stessi e gli altri e offrire una sorta di life coaching con l’obiettivo di poter parlare di queste cose e sentirci più forti nonostante i problemi che tutti affrontavamo. Quindi per noi è davvero lo spazio di appartenenza anche se il Covid non ci ha permesso di incontrarci fisicamente. È stato un buon spazio. È uno spazio di cui sono orgoglioso

Ci richiamano per l’ultima sessione del forum, quella dove si presenta il documento del Piano di Azione a cui Sam ha contribuito e dobbiamo interrompere. Quando gli chiedo come ultima domanda cosa ha dovuto sacrificare a livello personale per il suo attivismo, un sorriso dolce si apre e con uno sguardo intenso ma anche un po’ malinconico e mi dice “Non c’è un’altra opzione. Se non fai parte del cambiamento, stai ancora vivendo quella vita in cui non sei in grado di essere te stesso o di ottenere ciò che giustamente dovresti avere

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