vai al contenuto principale

Etiopia, Stati Uniti pronti a dichiarare il genocidio nel Tigray

Il Dipartimento di Stato degli Stato Uniti, per ordine del Presidente Joe Biden, ha avviato una procedura legale per stabilire se la crisi umanitaria del Tigray sia in realtà un genocidio. La Camera dei Rappresentanti ha approvato la direttiva di Biden giovedì 23 settembre, mettendo a disposizione i fondi necessari per le ricerche e gli studi. Lo ha rivelato ai media americani un alto funzionario lo scorso venerdì. Esperti militari e legali stanno analizzando gli eventi bellici dal novembre 2020 per stabilire se i crimini commessi dalle truppe etiope ed eritree nel Tigray equivalgono a un genocidio.

Non voglio anticipare alcun processo, ma ovviamente i rapporti sulla violenza contro le donne, gli omicidi e gli eventi di massa che abbiamo visto fanno riflettere e potrebbero potenzialmente portare a una sorta di determinazione ufficiale riguardo agli atti che sappiamo essere stati commessi“, ha detto l’alto funzionario dell’amministrazione al quotidiano The National.

Il codice legale degli Stati Uniti definisce il genocidio come “l’intento specifico di distruggere, in tutto o in parte sostanziale, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso“. Sebbene l’Etiopia abbia mantenuto un blackout di Internet, telefono e media nel Tigray, i testimoni hanno descritto diffuse violazioni dei diritti umani, tra cui lo sfollamento e l’omicidio di civili, stupri di gruppo, la distruzione di infrastrutture civili e l’incendio dei raccolti.

Un rapporto di Amnesty International pubblicato il mese scorso ha rilevato che le forze etiopi e i loro alleati “hanno sottoposto centinaia di donne e ragazze a violenze sessuali“, crimini di guerra che possono anche costituire crimini contro l’umanità.Anche il blocco terrestre ed aeree imposto alla regione del Tigray dopo la sconfitta subita lo scorso maggio, che impedisce una reale assistenza umanitaria a 7 milioni di cittradini etiopi colpiti duramente dalla prima fase della guerra civile nazionale (novembre 2020 – maggio 2021), starebbe ad indicare una precisa volontà di sterminio etnico.

La popolazione Tegaru è nel mirino anche in altre località del paese, soprattutto presso la capitale Addis Ababa dove migliaia di Tegaru sono stati licenziati e arrestati. Molte attività economiche chiuse e conti bancari congelati. Si parla di varie esecuzioni extragiudiziarie e dell’allestimento di un vero e proprio lager vicino ad Addis Ababa dove vengono internati i Tegaru.

A rafforzarte la tesi vi sono i vari messaggi di odio etnico e incitamento al genocidio diffusi sui social e pronunciati dallo stesso governo etiope. Abiy ha recentemente definito i Tegaru un “cancro da estirpare”. L’ultimo incitamento al genocidio che ha attirato particolare attenzione dell’Amministrazione Biden è stato quello pronunciato dal Pastore Daniel Kibret, consigliere spirituale del Premier Abiy e direttore dell’Agenzia Stampa etiope. Durante un suo comizio, pronunciato 10 giorni fa nella regione Amhara, Kibret ha affermato che i Tegaru devono essere “estirpati” anche dagli archivi storici. “Una persona che voglia studiare questa etnica non deve trovare alcuna traccia. Li potrebbe trovare solo scavando sottoterra”.

Se gli studi del Dipartimento di Stato americano arriveranno alla conclusione che in Tigray vi è in atto un genocidio, la situazione internazionale del regime nazionalista Amhara (di cui il Premier Abiy è di fatto un semplice portavoce e capro espiatorio) diventerebbe insostenibile. La dichiarazione di genocidio vanificherebbe gli sforzi del regime Amhara di confondere le acque e splamare la responsabilità su chiunque tramite la già contestata e parziale inchiesta congiunta con le Nazioni Unite di cui risultati sono stati riportati al prossimo novembre.

La dichiarazione di genocidio fa scattare una serie di impegni della Comunità Internazionale per fermarlo che includono anche la possibilità di un intervento armato. Il regime Amhara si troverebbe condannato senza possibilità di appello assieme al regime eritreo e subirebbe estreme conseguenze. Sotto un punto di vista geostrategico la dichiarazione di genocidio di Stato in Tigray segnerebbe la fine della folle avventura del Prosperity Party e del tentativo di dominio etnico della leadership Amhara.

Lo studio sul genocidio in Tigray segue la decisione di dure sanzioni contro gli attori responsabili delle violazioni dei diritti umani nella guerra civile etiope, voluto dal Presidente Biden dopo aver constatato che le richieste  di un reale cessate il fuoco e inizio di negoziati di pace sono stati palesemente ignorate.

Il mese scorso gli Stati Uniti hanno sanzionato il capo di stato maggiore delle forze di difesa eritree, Filipos Woldeyohannes. Fin dallo scorso febbraio l’Amministrazione Biden ha ripetutamente invitato l’esercito eritreo a ritiararsi dall’Etiopia.

Nel frattempo Biden ha ordinato al suo inviato speciale per il Corno d’Africa, Jeffrey Feltman, di recarsi in visita ufficiale in Sudan per esaminare la situazione dopo il fallito colpo di stato di cui si sospetta un appoggio di Etiopia ed Eritrea. Con il governo sudanese, Feltman discuterà della stabilità politica interna ma anche delle ripetute provocazioni etiopi sul territorio sudanese di Al Fashaga.

Un ennesimo tentativo di invasione per annettere i territori di Al Fashaga è stato compiuto dall’esercito federale etiope lo scorso giovedì, approfittando della crisi politica post golpe a Khartoum. Le truppe di invasione sono state respinte dall’esercito sudanese infliggendo pesanti perdite in vite umane e materiale bellico. Il tenativo di annessione è inserito nell’agenda di espansione territoriale della regione Amhara che ha annesso illegalmente anche terrritori appartenenti al Tigray.

Gli Stati Uniti al momento non si occuperanno della delicata disputa delle acque del Nilo e della mega diga GERD che rischia di far scoppiare una guerra regionale tra Egitto, Eritrea, Etiopia, Sudan. Washington preferisce sostenere i negoziati sulla diga GERD guidati dall’Unione Africana.

L’Egitto aveva chiesto all’ex presidente Donald Trump di intervenire nel Grand Ethiopian Renaissance Dam e consentire negoziati con l’Etiopia e il Sudan. Trump aveva lasciato personalmente lo sforzo nelle mani di Steve Mnuchin che si scontrò contro l’opposizione etiope. Il regime di Addis Ababa accusò gli Stati Uniti di parzialità a favore di Cairo e Khartoum, costringendo Mnuchin a dimettersi dal ruolo di mediatore, ora proposto dal dittatore turco Erdorgan, alleato della dirigenza nazionalista Amhara e del dittatore eritreo Isaias Afwerki.

Il nostro interesse è in un Corno d’Africa prospero, stabile e pacifico, ma non vogliamo inserirci in un processo in cui siamo visti come sostenere una parte o l’altra, forse a danno o a beneficio di qualsiasi parte. ” ha specificato la Casa Bianca in un comunicato stampa dello scorso sabato. Una dichiarazione dettata da esigenze diplomatiche ma poco credibile.

Con le nuove sanzioni ad Etiopia ed Eritrea e il palese sostegno al Sudan e all’Egitto, gli Stati Uniti hanno già evidenziato una loro presa di parte nel conflitto a favore del TPLF e dei partiti di opposizione Oromo. Se l’Amministrazione Biden dichiarerà il Genocidio in Tigray, costringendo la comunità internazionale a prendere energiche misure per fermarlo, questo equivalerà ad una aperta dichiarazione di guerra al regime etiope. Vari osservatori regionali sono convinti che la politica estera americana nel Corno d’Africa sia indirizzata ad un cambiamento radicale di regime in Etiopia ed Eritrea.

Torna su