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Etiopia, sessione speciale ONU per i diritti umani richiesto da 50 Nazioni

Etiopia, sessione speciale ONU per i diritti umani richiesto da 17 Paesi EU e altre 35 Nazioni

Pochi sono gli aggiornamenti certi di questo ultimo periodo che si possono dare sulla situazione delle persone, del popolo del Tigray. Sicuramente la gravità dalla parte umanitaria si sta costantemente deteriorando sempre più mentre il tempo passa. I fattori peculiari sono che lo stato regionale del Tigray è isolato, anche purtroppo grazie la recente distruzione per mezzo bombardamento aereo della diga del fiume Tekeze che ha lasciato in blackout ampie aree oltre che del Tigray di Amhara e Afar.

D’altro canto ci sono arrivate conferme da alcuni contatti della diaspora tigrina e di referenti di agenzie umanitarie che riportano la problematica di non riuscire ancora a mettersi in contatto con le famiglie o gli operatori in loco: ormai è una costante. Oltre a questo aspetto c’è da considerare la paura da parte dei tigrini, ma anche di operatori umanitari, di testimoniare, di parlare di quello che accade perché c’è sempre il timore ed il sospetto di essere controllati, repressi ed intimiditi o arrestati con tutte le conseguenze del caso. Gli arresti arbitrari a sfondo etnico sono ormai cosa nota, le modalità lesive dei diritti umani all’ordine del giorno, come denunciato da molteplici agenzie umanitarie, in primi Amnesty International e HRW – Human Right Watch.

Sicuramente c’è da diversificare la guerra, l’aspetto di strategia bellica, la politica, i movimenti di propaganda e i loro obiettivi con quelle che sono le persone prese di mezzo a tutto questo, guerra, repressione etnica, abusi, violenza. Non si possono confondere gli etiopi, tutti quei civili, quelle persone, di ogni etnia essi siano, che sono stati coinvolti in un conflitto non loro, una guerra in cui si parla di crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati in tutto questo periodo a cavallo tra il 2020 ed il 2021.

Ognuno dovrebbe cercare di lavorare per il bene comune e fare la sua parte per rispettare e supportare quello che è il valore primario da salvaguardare: la vita del singolo individuo.

Mercoledì 24 novembre Amnesty International, DefendDefenders (Progetto per i difensori dei diritti umani del Corno d’Africa orientale), Global Center for Responsibility to Protect (GCR2P), Human Rights Watch insieme ad altre 24 realtà hanno scritto una lettera aperta, un appello rivolto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che avrebbe dovuto tenere urgentemente una sessione speciale per affrontare la crisi dei diritti umani in corso in Etiopia.

Lunedì 13 dicembre 17 Paesi della Comunità Europea con il supporto di altre 35 Nazioni, visto il deterioramento della situazione umanitaria tigrina ed etiope, hanno inviato richiesta al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, per organizzare urgentemente una sessione per venerdì 17 dicembre per discutere di tale tematica: sessione confermata per quel giono alle ore 10.00am

In più di un anno abbiamo visto, ascoltato e letto comunicati e parole di preoccupazione da parte della comunità internazionale. Purtroppo dopo 406 giorni dall’ inizio della guerra genocida in Tigray ed ad oggi con il conflitto sfociato ormai anche in Amhara ed Afar, tali comunicati sembrano essere rimaste richieste, intimazioni e buoni propositi nelle richieste di cessate il fuoco e per trovare una risoluzione pacifica consigliata agli attori della guerra, ma senza sortire alcun risultato concreto.

Sull’ Italia non c’è molto da dichiarare, se non che compare nella lista tra i richiedenti della sessione urgente che persegue ormai la politica dei buoni propositi, ma senza dare una chiara e netta posizione.

Governo Etiope ripsonde alla richiesta sessione ONU Diritti UmaniDa parte del governo etiope invece, tutt’ora sulla posizione inamovibile che il contesto tigrino ed etiope va amministrato dallo stesso Stato Sovrano senza interferenze esterne (posizione supportata da Cina, Russia, India in precedenti sessioni e dal movimento etiope “No More” avviato e supportato dallo stesso governo) la risposta non si è fatta attendere. Il governo si è dichiarato perplesso riguardo tale urgente richiesta ed ha dichiarato:

“Dopo mesi di duro lavoro da parte della squadra investigativa congiunta che ha reso pubbliche le sue conclusioni il mese scorso, e dopo l’impegno espresso dal governo per attuare le raccomandazioni contenute nel rapporto, alcuni membri del Consiglio per i diritti umani, che hanno completamente disprezzato gli sforzi fatti e il lavoro svolto dal Governo, hanno sentito la necessità di convocare una sessione speciale con l’obiettivo di avere una sorta di risultato per raggiungere quello che sembra essere un obiettivo politicamente motivato.”

Aggiungendo:

“L’Etiopia invita pertanto i membri del Consiglio per i diritti umani a respingere categoricamente e votare contro la sessione speciale e il suo esito politicamente motivato. Quello che avrebbe dovuto essere una priorità per il Consiglio invece era il compito urgente di svolgere un’indagine sulle violazioni dei diritti umani e sulle atrocità commesse dal gruppo terroristico TPLF negli Stati regionali di Afar e Amhara. È un peccato vedere che da alcuni in seno al Concilio non è pervenuto alcun appello del genere. Questo deve essere immediatamente rettificato.”

Chiudendo con:

“Il governo dell’Etiopia desidera assicurare ai membri del Consiglio per i diritti umani e alla comunità internazionale il proprio impegno a continuare a impegnarsi in modo costruttivo e ad adempiere ai propri obblighi ai sensi del diritto internazionale di rispettare, proteggere e soddisfare i diritti umani.”

Intanto la guerra non è finita: la prima linea vede coinvolti i partigiani del TDF – Tigray Defence Forces e la difesa federale etiope, che ad oggi raggruppa in maniera maggioritaria quelle che sono le milizie amhara, volontari civili etiopi richiamati alle armi come carne da cannone e le truppe eritree ancora presenti sul territorio etiope.

Mentre in Tigray ed in alcune aree dell’ Amhara conseguenza della guerra e scelte politiche, gli aiuti umanitari non hanno accesso per portare supporto e materiale salvavita (cibo, medicinali) a milioni di persone, di etiopi sfollati, sull’orlo della malnutrizione e carestia.

In tutto questo contesto una domanda è legittima: possiamo ancora sperare che la sessione di venerdì 17 dicembre da parte del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite riesca a sortire qualche risultato tangibile per mediare nella catastrofe umanitaria in Tigray ed Etiopia?

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