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Etiopia, lo scontro di potere fra etnie alla base del tentativo di golpe

L’Etiopia, ad oltre un anno dall’elezione di Abiy Ahmed, si trova di fronte ad una crisi politica profonda.
Ambachew Mekonnen, Presidente della regione dell’Amara- la regione centro settentrionale con 23 milioni di abitanti- è stato ucciso insieme ad un suo consigliere proprio a Bahir Dar, il capoluogo del territorio.
Ma non è questo l’unico episodio perché ad Addis Abeba, la capitale etiope, Il capo di Stato maggiore dell’esercito etiopico, Seare Mekonnen e un altro ufficiale sono morti per le ferite riportate durante una sparatoria, seguita a un tentativo di “colpo di Stato”.
Secondo quanto riportato da Leah Harding di Al Jazeera “ gli ufficiali uccisi ad Addis Abeba erano di origine tigrina mentre gli autori del tentato colpo di Stato appartengono al gruppo etnico degli Amara”.
Il tentativo di colpo di Stato e il contestuale attacco al Presidente della Regione dell’Amara dovevano creare confusione tra i militari cosa che, pare, non sia avvenuta ma che mette in evidenza come gli sforzi di Abiy di lasciare da parte il pugno di ferro del suo predecessore e di spingere verso le riforme abbia scatenato un’ondata di disordini, iniziati già nel mese di maggio, che riportano a galla tensioni interetniche generalmente legate al possesso di terre e all’uso delle risorse.
Ma d’altra parte Abiy Ahmend aveva chiaro, già dall’inizio del suo mandato, che uscire da un lungo regime e poi dal periodo transitorio con il domino della componente tigrina non sarebbe stato facile soprattutto rispetto alle varie etnie del Paese africano. Lui stesso ne rappresenta una, gli Oromo, in prima linea in due anni di grandi manifestazioni che hanno portato alla caduta dell’ex premier Hailemariam Desalegn.
Il tentativo di democratizzare l’Etiopia, dando maggior valore ai diritti civili, riconoscendo il valore della libertà di stampa, essere riconosciuto come leader dai grandi player internazionali (Unione Europea, Stati Uniti, Cina) non sembrano argomenti sufficienti ad evitare le tensioni, le vendette in un paese di oltre 100 milioni di abitanti di cui il 70% sotto i 25 anni, una disoccupazione galoppante e cicliche carestie che ne fanno un paese poverissimo ma determinante, geo-politicamente, per tutta l’area del Corno d’Africa.

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