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Etiopia. l’azione dei servizi contro i tigrini su tutto il territorio nazionale e all’estero

Il conflitto in Tigray e i connessi crimini contro l’umanità, attirano l’attenzione internazionale impedendo però di comprendere i punti chiave della strategia che si nasconde dietro la decisione di iniziare la guerra civile. Abiy Ahmed Ali è ben lontano dall’essere il leader dell’Etiopia. Al contrario è uno strumento in mano alla dirigenza nazionalista Amhara.

La guerra civile in Tigray non è il fulcro della crisi etiope ma un suo tassello, importante ma non unico. Il conflitto si inserisce nel progetto di ripristinare il controllo centrale e il dominio etnico Amhara. Considerando che l’evoluzione della società etiope (a cui ha contribuito anche il TPLF nel suo quasi trentennio di potere) di certo non permette il ritorno agli Imperatori, quindi il dominio etnico viene tentato con una parvenza di democrazia ma la sostanza del progetto non cambia.

La guerra civile in Oromia e le violenze etniche in corso in varie Regioni Stato fanno parte della necessità della dirigenza Amhara di reprimere nel sangue ogni opposizione al loro piano di dominio. Il consenso non lo vogliono ottenere tramite il supporto popolare inclusivo e democratico ma tramite la repressione delle altre etnie per spingerle alla sottomissione.

Un altro aspetto che si tende ad ignorare è quello del potere decisionale. Le guerre in Tigray e Oromia, l’alleanza con il dittatore eritreo Isaias Afwerki, le tensioni con il Sudan e la gestione unilaterale della mega diga GERD che crea conflittualità anche con l’Egitto, sono decisioni prese non dal “Little Boy” ma dalla dirigenza Amhara di cui Temesgen Tiruneh, capo della polizia politica NISS e Agegnehu Teshager, presidente della Regione Stato dell’Amhara sono i leader di spicco che decidono ed agiscono nell’ombra senza metterci la faccia e utilizzano il Premio Nobel per la Pace come “personaggio pubblico” e, allo stesso tempo “agnello sacrificale”in caso che qualcosa “andasse storto”.

Nel caso specifico del Tigray i due leader hanno assunto ruoli ben specifici che fanno parte dell’unico e condiviso progetto di dominazione etnica. Agegnehu Teshager è incaricato della gestione materiale del conflitto e delle relative strategie. Dinnanzi alla vittoria militare riportata dal TPLF, Teshager ha ora attuato la strategia dell’assedio tramite lo specchietto delle allodole rappresentato dalla dichiarazione unilaterale di cessate il fuoco “per motivi umanitari”. Temesgen Tiruneh è invece incaricato della sistematica e violenta repressione della entica tigrina attuata su scala nazionale fin dal giorno 1° del conflitto. Una repressione fino ad ora sfuggita ai grandi media internazionali.

L’opera di repressione attuata di Tiruneh, con metodologie classiche del nazismo, sta lentamente affiorando ora, grazie alla attenta analisi della situazione fuori dal Tigray fatta da giornalisti che ancora fanno il loro mestiere. I pionieri della denuncia della repressione etnica su scala nazionale sono Simom Marks in Addis Ababa e Abdi Latif Dahir in Nairobi. Entrambi corrispondenti del The New York Times. Hanno recentemente pubblicato un dettagliato rapporto di denuncia sull’operato della NISS. L’unica limitazione al loro operato è quella di individuare Abiy come l’ideatore della strategia repressiva senza capire il ruolo determinante della direzione Amhara e, nel caso specifico di Tiruneh.

Dall’inizio del conflitto ogni cittadino di origine tigrina o con relazioni con il Tigray (indipendentemente dalla sua origine etnica) è considerato come un potenziale nemico e un agente della quinta colonna del TPLF che deve essere soppresso.

Dal novembre 2020 ogni individuo sospettato anche lontanamente di supportare o simpatizzare per il TPLF subisce una mostruosa repressione che conferma il piano genocidario messo in pratica non solo nel Tigray ma a livello nazionale.

Presso la capitale Addis Ababa e in altre parti del paese tutti i cittadini tigrini sono sospetti criminali e sottoposti a varie forme di discriminazione, molestie e abusi da parte del Capo della NISS, Tiruneh. Vengono arrestati e detenuti senza accuse, messi agli arresti domiciliari, impedito di viaggiare fuori dal paese e licenziati. Le irruzioni, senza mandato, presso le case dei tigriniad Addis Ababa e i loro rapimenti ad opera della NISS sono diventati moneta corrente.

La repressione ideata da Tiiruneh con chiari connotati di pulizia etnica non è mirata a reprimere i singoli tigrini che vivono fuori dai confini regionali del Tigray ma anche a epurare il tessuto economico nazionale dalla loro presenza. Obiettivo che era iniziato prima del conflitto, nel 2019 con una serie di arresti e processi per corruzione nelle aziende statali che colpivano i tigrini ma non gli Amhara, responsabili delle stesse malversazioni, atti di corruzione e speculato ai danni dello Stato. Un’operazione presentata come una lotta alla corruzione promossa dal “riformatore” Abiy che in realtà nascondeva il progetto di monopolio Amhara non solo nell’amministrazione e aziende pubbliche ma anche nel settore privato, ONG internazionali e Agenzie ONU.

La Sur Construction di Addis Ababa, una società filiale del Fondo di dotazione per la riabilitazione del Tigray si è vista congelare tutti i conti bancari. Congelare è purtroppo un eufemismo. I conti sono stati svotati e il denaro illecitamente ottenuto è servito per finanziare lo sforzo bellico e, in parte, le tasche dei dirigenti Amahara.

Ogni ditta privata ha ricevuto l’ordine di licenziare i propri dipendenti tigrini che siano essi Manager o semplici autisti e portinai. Le società private di sicurezza tigrine sono state le prime ad essere colpite per paura che potessero trasformarsi in focolai di milizie paramilitari. Sono state tutte chiuse e i loro beni confiscati.

L’epurazione etnica sta avvenendo con maggior intensità all’interno delle società statali come Ethio Telecom, l’unico provider di telefonia e internet del paese. La lotta contro la corruzione con annessa ondata di arresti di dirigenti delle aziende pubbliche nel periodo pre guerra (2019 -2020) e l’attuale epurazione etnica non è strettamente collegata al piano genocidario in atto in Tigray.

È prevalentemente orientata a sostituire la precedete gestione etnica del TPLF con quella Amhara in previsione delle privatizzazioni selvagge promesse da Abiy di cui proprio EthioTelecom è la prima azienda a farne le spese. Il progetto della classe imprenditoriale Amhara (attuato tramite Tiruneh) è quello di assicurarsi il monopolio etnico delle privatizzazioni per goderne dei profitti a scapito della popolazione e dello sviluppo socio economico dell’Etiopia.

Dal settembre 2020 si è anche proceduto alla totale epurazione del personale diplomatico di origine tigrina presso le Ambasciate etiopi in Europa, Nord America, Cina, e presso i principali paesi africani. Una epurazione necessaria in quanto la dirigenza Amhara ha trasformato le Ambasciate etiopi in centri di propaganda, lobby, attività di intelligence contro la propria diaspora (in special modo tigrina e oromo) e come facilitatori di compra vendita di armi. Compiti che non possono essere svolti se non da un corpo diplomatico puramente etnico e allineato alle politiche nazionaliste e fasciste della dirigenza Amhara e del progetto di dominio etnico sul Paese.

Le autorità Amhara hanno preso di mira anche i giornalisti tigrini e tutti quelli non allineati alla grezza e primitiva disinformazione di propaganda offerta all’opinione pubblica nazionale per giustificare le varie guerre civili scatenate e nascondere i crimini commessi. I giornalisti tigrini e quelli non “allineati” sono perseguitati, licenziati, arrestati e, a volte eliminati al fine di avere un totale controllo della informazione seguendo direttive suggerite da esperti cinesi che replicano in Etiopia le stesse tattiche di soppressione della libera stampa adottata dal 2015 in Burundi. Insomma una metodologia sperimentata e funzionale che le ditte cinesi di comunicazione, in stretta collaborazione con il regime totalitario di Pechino, offrono al Partito della Prosperità sotto lauti compensi.

Come è successo in Burundi anche i giornalisti stranieri subiscono intimidazioni ed espulsioni dal Paese mentre sono state redatte liste nere di giornalisti stranieri operanti al di fuori del territorio nazionale ora divenuti bersagli per azioni di terrorismo informatico (sempre condotto da esperti cinesi). Tutti i giornalisti stranieri individuati contrari al regime vengono inseriti in questa lista nera con l’accusa di sostenere il terrorismo del TPLF o del OLA. Qualora si avventurassero in Etiopia sarebbero immediatamente arrestati. Su questo settore di repressione si ha notizia della collaborazione di alcuni ministeri degli esteri e servizi segreti europei che aiutano ad individuare i giornalisti stranieri non allineati fornendo al regime Amhara di Addis Ababa preziose informazioni.

La repressione sta cercando di colpire anche i tigrini della diaspora. Sono in atto delle indagini segrete per appurare se questi cittadini siano giunti in Europa illegalmente facendosi passare per rifugiati eritrei. Qualora le prove raccolte siano inconfutabili vengono passate ai ministeri degli interni di certi paesi europei compiacenti nella speranza che provvedano alla revoca dell’eventuale statuto di rifugiati concesso e procedano alle espulsioni forzate in Etiopia dove questi cittadini verrebbero immediatamente arrestati con l’accusa di essere dei terroristi. Al momento però non si registrano casi di espulsione di cittadini etiopi di origine tigrina onestamente risiedenti nei paesi europei.

Al contrario il regime Amhara di Addis Ababa sta tentando di promuovere forme di ricatto o di ritorsione sui familiari dei cittadini della diaspora tigrina, soprattutto quelli che sono particolarmente attivi nella diffusione sui social e media occidentali delle notizie del conflitto in Tigray e nella denuncia dei crimini contro l’umanità commessi.

È questa la principale ragione di molti account “anonimi” di utenti tigrini che si riscontrano su Facebook, Instagramm e Twitter. Tutti i cittadini etiopi della diaspora che partecipano alle manifestazioni di pace nei vari paesi occidentali vengono schedati dalla intelligence etiope presente nello stesso paese con particolare ferocia se il cittadino che partecipa a queste manifestazioni sia di etnia Amharica che viene direttamente accusato di altro tradimento.

Le ritorsioni sui familiari degli attivisti tigrini della diasporaoccidentale individuati è già una triste realtà. Diversi tigrini che vivono fuori negli Stati Uniti, Canada e Unione Europea hanno affermato di non aver sentito per settimane i membri della famiglia che sono stati portati improvvisamente nelle stazioni di polizia e nelle carceri.

La situazione diventa gravissima per i cittadini etiopi di etnia mista Tigray Amhara sia che essi vivano in Etiopia che all’estero. “Basta avere una sola goccia di sangue tigrino e sei discriminato e perseguitato” afferma una nostra fonte protetta da anonimato.

La compagnia aerea di bandiera, Ethiopian Airlines, è soggetta a repressione del suo personale tigrino a cui viene impedito anche di  lasciare il Paese. Un pilota della compagnia aerea e un diplomatico straniero, che hanno parlato a condizione di anonimato a causa della delicatezza della questione, riferiscono che al Ethiopan Airlines CEO, Tewolde GebreMariam, è stato impedito di imbarcarsi su un volo per Parigi l’8 novembre a causa dei suoi forti legami con il TPLF. I piloti e il personale di bordo tigrino vengono licenziati o strettamente sorvegliati al fine di non far rivelare che gli aerei civili vengono usati per azioni militari in contravvenzione delle leggi internazionali che regolano l’aviazione civile in tutto il mondo.

Le attività di progrom etnico, repressione, arresti arbitrari e spionaggio all’estero dei cittadini etiopi di origine tigrina o di etnia mista è talmente diffuso da costringere le autorità Amhara di Addis Ababa a fare parziali affermazioni tese a minimizzare il fenomeno.

Il procuratore generale etiope, Gedion Timothewos (che mantiene strette relazioni con la Farnesina di cui contenuti non sono pubblici), ha riconosciuto il mese scorso che ci sono stati “incidenti isolati” in cui le forze dell’ordine “hanno agito in modo scorretto”. Ma ha detto che il governo prende molto sul serio la questione della repressione etnica e che istituirà una linea diretta dedicata per il pubblico per segnalare le loro lamentele. “Stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per assicurarci che non ci siano misure arbitrarie o discriminatorie“, ha dichiarto Timothewos, aggiungendo: “Questi sono abusi che il governo ha già denunciato“. Daniel Bekele, che guida la Commissione etiope per i diritti umani, ha dichiarato in una recente intervista che la commissione è “allarmata dal numero crescente di denunce di persone a cui è stato impedito di viaggiare, anche in missione di lavoro, per cure mediche o studi“.

La repressione ideata e coordinata dal capo della NISS Temesgen Tiruneh ha suscitato forte preoccupazione presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, che ha affermato che i casi di profiling etnico costituiscono “una traiettoria pericolosa che aumenta il rischio di genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l’umanità“.

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