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Etiopia, la Grand Ethiopian Renaissance Dam è attiva. Cresce la tensione regionale

“D’ora in poi, non ci sarà più nulla che fermerà l’Etiopia” ha affermato Abiy Ahmed. Le accuse di Egitto e Sudan ed il dossier presentato al summit Ue-Ua.

Con una cerimonia di inaugurazione degna di nota, ieri, domenica 20 Febbraio, è stata attivata la prima turbina della GERD. Alla presenza del Primo Ministro Abiy Ahmed Ali, in quel di Guba, si è dato avvio alla prima turbina che sarà in grado di generare 375 MW.

Dora in poi, non ci sarà più nulla che fermerà lEtiopiaha affermato a gran voce Abiy Ahmed.

Quando tutte le 13 turbine saranno attive la Grand Ethiopian renaissance Dam avrà una capacità di generazione totale di 5.150 MW e una produzione di energia annuale di 15,76 TWH. Lopera iniziata nel 2011, con una capacità di riempimento di 74 miliardi di metri cubi dacqua, ha visto il primo riempimento della diga nell’estate 2020 e il secondo nel luglio 2021; pretenderà però, come affermato da Kifle Horo, project manager del progetto ancora dai due anni e mezzo ai tre per il completamento.

Alla cerimonia presente anche lIngegner Pietro Salini, CEO della Webuild, ex Salini Impregilo, appaltatrice dellopera ( lazienda si è già resa protagonista nella costruzione di unaltra grande diga in Etiopia, sul fiume Omo: la Gilgel Gibe III, completata nel 2015, tra mille polemiche derivanti dal trattamento riservato alle popolazioni indigene, obbligate a lasciare forzatamente territori abitati da migliaia danni, ricollocate altrove dal governo anche attraverso un uno considerevole della forza, come riportato dal Think thank statunitenseOakland Institutenel 2019).

Estato proprio Salini a rendere omaggio e a fare gli onori di casa, salutando i presenti e sottolineando come la costruzione della diga e la sua messa in funzione non siano state imprese facili; imprese che hanno richiesto uno sforzo enorme alla nazione ma che verranno ripagate dalla grande ricchezza di cui è provvista lEtiopia, il suo petrolio bianco, lacqua. Unopera che ha avuto sin dallinizio, come affermato dallo stesso Salini, molti nemici, ai quali oggi va fatto notare che il primo passo è stato fatto.

La diga, la cui costruzione ha avuto un costo di circa 4,6 miliardi di dollari “è stata possibile attraverso il contributo diretto dei cittadini etiopi, attraverso lacquisto di obbligazioni statali e attraverso finanziamenti derivanti dal bilancio dello stato ha confermato in tal senso il dott. Seleshi Bekele, capo negoziatore e consulente per i fiumi transfrontalieri e GERD.

Al centro di una disputa decennale con Egitto e Sudan, lopera di ingegneria idraulica ha visto lEtiopia mantenere il punto fermo rispetto le richieste dei due paesi, preoccupati per le loro quote idriche. I due paesi cercano da dieci anni una mediazione che tenga conto delle necessità dei due destinatari delle acque del Nilo blu, ma Addis Abeba si è sempre rifiutata di firmare un accordo in tal senso.

LEgitto, in particolare, dipende principalmente dal Nilo per il suo fabbisogno idrico e teme che il riempimento unilaterale e il funzionamento della GERD avranno un impatto negativo sull’approvvigionamento idrico del paese.

Poche ore dopo lavvio nella produzione di energia elettrica, questultimo ha accusato lEtiopia di aver violato laccordo preliminare firmato nel 2015 tra i due paesi, che vieta azioni unilaterali in materia di utilizzo delle acque del Nilo.

In un comunicato del Ministero degli Affari Esteri, lEgitto afferma che questo ulteriore passo violerebbe la Dichiarazione di principi siglato da Etiopia, Sudan e appunto Egitto nel Marzo del 2015, in base al quale i due paesi avrebbero permesso allEtiopia la costruzione della diga ma non a danno dei paesi beneficiari delle acque del fiume. La dichiarazione vincolava inoltre i tre firmatari a mettere in campo ogni tipo di azione a salvaguardia delle popolazioni, obbligando i tre ad adottare ogni misura necessaria a scongiurare danni derivanti dallo sfruttamento delle acque del fiume (situazione complicata anchedallesistenza di due trattati siglati tra Egitto e Sudan, nel 1929 e nel 1959 che darebbero allEgitto il potere di veto sulla costruzione di opere idrauliche sul fiume e che stabilirebbero nel 66% le quote idriche spettanti allEgitto e nel 22% quelle al Sudan. Trattati mai riconosciuti dallEtiopia in quanto firmati senza il coinvolgimento del paese nelle trattative).

Il Presidente Al Sisi pur riferendo ad Associated Press che il paese ha la volontà politica di raggiungere un accordo vincolante su GERD si dice molto preoccupato per i flussi idrici, che potrebbero mettere in seria difficoltà i vasi egiziani e che pur capendo gli sforzi del governo etiope tesi allo sviluppo del paese, non accetterà che questi ultimi siano fatti a scapito della sicurezza idrica dellEgitto.

In effetti il 97% delle acque potabili e per lirrigazione del paese dipendono dalle acque del Nilo, cosa che ha portato più volte il Presidente a considerare la diga una minaccia allesistenza stessa del paese dei faraoni.

Preoccupazioni che accomunano anche il Sudan. Il Nilo Azzurro è fondamentale per questultimo. 15 chilometri a est della GERD entra nel territorio del Sudan, e in prossimità della capitale sudanese Khartum si unisce al Nilo Bianco, che trova origine in Uganda.

Khartoum dopo il fallimento degli ultimi round di colloqui, sponsorizzati dall’Unione Africana (AU), tenutosi a Kinshasa, ha incolpato Addis Abeba di intransigenza immotivata, sebbene speri che la costruzione della diga regoli le inondazioni stagionali ed i periodi ciclici di siccità nelle zone a valle.

Fallimenti andatisi ad aggiungere agli scontri bellici che vanno avanti da mesi a causa dei territori contesi nel triangolo di Al Fashaqa, una zona in territorio sudanese ma coltivata dagli anni 80 da agricoltori etiopi di origina ahmara e a causa dei 67mila e più rifugiati etiopi arrivati nel paese ( già alle prese con enormi problemi interni e con il colpo di stato dellOttobre 2021) a causa del conflitto nel Tigray.

LEtiopia dal suo canto, ritiene il progetto essenziale per lo sviluppo del paese ed ha sempre minimizzato le preoccupazioni de Il Cairo e di Khartoum, ritenendole eccessive ed immotivate.

Se le tre potenze regionali hanno sempre espresso la volontà di riprendere i colloqui, c’è da sottolineare come ogni tentativo messo in atto finora per far riprendere il tavolo dei negoziati sia fallito.

Il Premier Abiy Ahmed, a fronte delle accuse de Il Cairo continua a sostenere che non vi è alcuna intenzione di danneggiare o mettere in stato di crisi Egitto e Sudan, con cui lEtiopia intrattiene relazioni basate sui principi di fratellanza. I due paesi, ha sottolineato, potranno invece beneficiare del progetto etiope, essendo la diga un volano per la cooperazione e lo sviluppo e non di certo causa di conflitto.

Il Primo Ministro ha dichiarato che la produzione e lutilizzo dellenergia prodotta andrà a beneficio non solo del paese che rappresenta ma anche dei paesi vicini.

Il caso sarebbe stato oggetto dei colloqui avuti durante il summit tra Unione Europea ed Unione Africana svoltosi il 17 e 18 Febbraio a Bruxelles. Il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi avrebbe sottoposto ai propri partner  un dossier sulla diga basato sui principi del diritto internazionale in materia di fiumi transfrontalieri, riportando lattenzione sullimpellente necessità di trovare un accordo vincolante tra i tre paesi, in materia di riempimento e funzionamento della diga, a garanzia degli interessi dei popoli che dellacqua del Nilo beneficiano.

Un dossier che forse non ha sortito gli effetti desiderati e che invece avrebbe meritato ben più attenzione, anche in vista di possibili sviluppi della questione. Attenzione dei partner occidentali, oggi rivolta quasi totalmente alla crisi tra Russia ed Ucraina e che trova nellamministrazione statunitense a targa Biden, una posizione almeno in apparenza più neutrale sebbene non meno interessata,rispetto alle precedenti.

Il Cairo non si fermerà nel cercare soluzioni e farà valere il suo peso in campo internazionale. Altresì Addis Abeba non rinuncerà mai al suo progetto, né accetterà di depotenziarlo o snaturarlo per timore di pestare i piedi al grande Egitto.

Una soluzione politica che tenga conto delle necessità dei tre attori regionali è lunica via percorribile, anche se qualcuno, è doveroso ammetterlo, dovrà cedere terreno.

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