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Le parti impegnate nei colloqui di Nairobi.Ph. credit: Yasuyoshi Chiba/AFP]

Etiopia. A Nairobi Governo e Tplf firmano l’intesa. Il testo completo

Concluso a Nairobi (Kenya) il secondo round dei colloqui tra i negoziatori del governo federale etiope e la delegazione del Tplf.

I colloqui avevano l’obiettivo di stabilire i passi e le tempistiche per una cessazione permanente delle ostilità che hanno sconvolto per due anni la regione del Tigray e parte della restante zona settentrionale del paese ( regione Ahmara ed Afar), all’indomani degli accordi sul cessate il fuoco siglati a Pretoria, sotto la mediazione dell’Unione Africana rappresentata da Olusegun Obasanjo e del Presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, il 2 Novembre scorso.

Etiopia, accordo su cessazione delle ostilità nel Tigray. Il testo

Getachew Reda, capo negoziatore del Tplf durante una fase informale dei colloqui, parla con Redwan Hussien, Consigliere per la sicurezza nazionale etiope e capo negoziatore del governo etiope.
Nairobi. Getachew Reda, capo negoziatore del Tplf durante una fase informale dei colloqui, parla con Redwan Hussien, Consigliere per la sicurezza nazionale etiope e capo negoziatore del governo etiope.

I colloqui, guidati dal feldmaresciallo dell’ENDF Berhanu Jula e dal generale Tadesse Worede, comandante in capo delle forze del Tigray, avevano l’obiettivo di determinare le tempistiche e le modalità per una transizione pacifica e per la stabilizzazione della regione.

I temi discussi sono stati molteplici, come il ripristino della sicurezza e dei servizi essenziali nella regione (il blocco è andato avanti per quasi due anni), l’accesso degli aiuti umanitari, il disarmo delle truppe tigrine del TDF (Tigray Defence Forces) e il ritiro delle milizie ahmara e delle truppe eritree dalla regione.

   Il testo dell’accordo firmato il 12 Novembre tra il GoE e il Tplf.

E’ molto importante andare a vedere cosa contengono le sei pagine firmate arrivate di cui siamo venuti in possesso nella giornata di ieri.

Nell’arco di 12 giorni, le parti devono procedere al disimpegno delle forze sul campo ed a nuove istruzioni per le truppe, che prevederebbero la cessazione totale delle ostilità ed il passaggio del comando sotto la responsabilità delle truppe federali dell’ENDF che dovranno prevedere il ripristino della sicurezza e dei servizi di base così come da Costituzione.

A differenza di quanto genericamente sottoscritto nell’accordo di cessate il fuoco, il disarmo delle truppe tigrine (delle armi pesanti: artiglieria e missili) dovrà avvenire contemporaneamente al ritiro delle truppe “straniere” e non appartenenti all’ENDF (milizie ahmara) dal Tigray (punto 2.d).

Un comitato congiunto vigilerà sul rispetto della tempistica datasi (14 giorni) per procedere al disarmo. A garanzia della commissione, ne farà parte anche un rappresentante dell’UA.

Un passaggio importante che però apre un paio di quesiti non proprio secondari: per truppe “straniere” si intendono ovviamente le truppe eritree ancora presenti nella regione. Perché l’Eritrea (non invitata ai colloqui) non viene mai citata direttamente?

Se è vero che “il diavolo si nasconde nei dettagli” come saggiamente sottolineato da Olusegun Obasanjo (l’alto rappresentante dell’UA per il Corno d’Africa) durante i colloqui di Pretoria, è pur vero che l’assenza di qualsiasi riferimento all’Eritrea, lascia spazio ad interrogativi di non poco conto.

Chi si farà garante del ritiro delle truppe eritree? Il ripristino dello stato di diritto, darà modo di accertare e perseguire i responsabili di crimini di guerra?

Nel testo si sottolinea come una volta ripristinata la sicurezza nella regione, l’ordine verrà garantito dalle truppe federali, che dovranno vegliare sui civili, sulle infrastrutture e sui più vulnerabili, come le donne ed i bambini.

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Le parti impegnate nei colloqui di Nairobi.Ph. credit: Yasuyoshi Chiba/AFP]
Le parti impegnate nei colloqui di Nairobi. Ph. credit: Yasuyoshi Chiba/AFP

Secondo i punti 4 e 5 si dovrebbe accelerare anche con l’invio e la distribuzione degli aiuti umanitari, sui quali vigilerà una squadra di monitoraggio e verifica (MVT) stabilita dall’Unione Africana, che dovrà garantire la libera circolazione delle agenzie umanitarie, la sicurezza dei cooperanti e il monitoraggio dei magazzini dove verranno tirati gli aiuti.

Coscienti del ruolo dei media e dei social, i contraenti hanno reputato fosse fondamentale specificare che tutti i media, controllati da entrambe le formazioni politiche, dovranno svolgere un ruolo fondamentale, di accompagnamento alla pacificazione nazionale.

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Oggi oltre la metà della popolazione del Tigray, e centinaia di migliaia di persone nella regione Afar e Ahmara hanno bisogno di aiuti alimentari immediati. La guerra, la mancanza di cibo, il blocco dei servizi di base (soprattutto quelli sanitari a causa della mancanza di medicinali), la distruzione dei servizi sanitari e l’impossibilità di accesso per gli aiuti umanitari hanno determinato la morte di oltre 500.000 persone.

Come affermato dal capo della delegazione etiope Redwan Hussien, il nord del paese ha sofferto “distruzioni colossali”, notizia ripresa dal Ministro delle Finanze etiope, Ahmed Shide, che ha aggiunto come per la fase di ricostruzione si stima un fabbisogno di 2,5 miliardi di dollari.

Per ora 300 milioni sono arrivati dalla Banca Mondiale, attraverso l’International Development Association (Ida), diretti al il programma di Recupero-Resilienza dell’Etiopia, per la ricostruzione delle infrastrutture, strade, ponti e ospedali andati persi durante i combattimenti.

Il comandante in capo del TPLF, il generale Tadesse Werede Tesfay, a margine dell’incontro ha dichiarato: “Abbiamo sofferto indicibili sofferenze negli ultimi due anni e continuiamo a soffrire. Quindi l’impegno che prendiamo oggi è con la speranza che le sofferenze del nostro popolo finiscano presto”.

Rimangono dei nodi da sciogliere e le tempistiche potrebbero essere una variabile affatto secondaria. Il proseguimento delle attività militari da parte dell’esercito eritreo, anche dopo la cessazione delle ostilità (evidenze ci sono state dal 26 Ottobre all’ 8 Novembre) oltre ad aumentare le vittime civili e la distruzione causate dalla guerra ha posto seri dubbi sulla tenuta dell’intesa.

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Al netto del plauso arrivato da tutte le cancellerie internazionali, in particolar modo da Usa e Onu, ora lo spazio viene lasciato al rispetto delle clausole e della tempestività dell’operato.

Che fine farà il Tplf? Abbiamo inteso che le truppe tigrine verranno incardinate nelle truppe federali a servizio del governo federale, con compiti di polizia regionale. Il governo ad interim che verrà posto al comando della regione da chi sarà guidato?

Sebbene le autorità ahmara abbiano dichiarato di “essere pronte ad adempiere alle proprie responsabilità”, le recriminazioni delle associazioni nazionalistiche hanno posto l’accento sulle zone da sempre contese con la regione vicine, del Wolkait e di Raya. Occorrerà osservare con altrettanta attenzione se il ritiro delle milizie Fano dal Tigray verrà rispettato come convenuto e senza incidenti.

Un processo che sarà lungo, articolato ed incontrerà mille ostacoli sul proprio cammino, che dovrà essere altresì garantito in ogni suo passaggio per raggiungere gli obiettivi preposti.

Un primo passo, ora formale, del quale beneficerà la popolazione etiope e in particolare quella del Tigray, dopo anni di guerra.

Ma dobbiamo ricordarlo, la pace senza giustizia è un processo a metà. Ciò che è accaduto nella regione e nelle zone limitrofe è andato oltre l’immaginabile. Fare luce su ogni crimine commesso, donare giustizia a chi ha visto violati i propri diritti ed alle vittime, perseguire i responsabili e punirli, sarà il secondo passo; forse ancor più difficile dal primo, ma dal quale non ci si potrà esimere.

La guerra ha prodotto rancore, odio profondo nei confronti di quello che è stato a lungo il nemico. Ciò che si è subito avrà ripercussioni per molto tempo, che andranno processate, digerite, attraverso un processo di giustizia.

La pace non è uno slogan urlato a pancia piena, la pace è una condizione da raggiungere, che non può essere fatta ad ogni costo, soprattutto se a chi se ne riempe la bocca non costa nulla, perché il peso lo si scarica lontano dagli occhi.

Pace e giustizia vanno sempre a braccetto, unica strada verso la riconciliazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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