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Etiopia, dopo quasi 30 anni fuori dall’ambasciata italiana i “noti ospiti”

Berhanu Bayeh e Addis Tedla, due esponenti del crudele regime di Menghistu (capo di stato maggiore il primo, ministro degli Esteri il secondo), condannati alla pena capitale nel 1991 e da allora “noti ospiti” (così erano chiamati nelle corrispondenze diplomatiche con la Farnesina), hanno ottenuto la libertà vigilata. Potranno rimanere per il momento nella capitale Addis Abeba e forse, un giorno, riunirsi alle loro famiglie emigrate nel Nordamerica.
Il gesto di clemenza del primo ministro Abiy Ahmed Ali, che in questi mesi è passato alle cronache per ben altro – come documentato regolarmente da Focus on Africa – pone fine a una vicenda che, nelle previsioni iniziali, avrebbe dovuto durare qualche giorno e che invece si è trascinata per quasi un trentennio.
La posizione del governo italiano è stata, in tutto questo periodo, cristallina: non consegnare alla giustizia locale due condannati alla pena capitale. Quando la condanna è stata revocata, è stato più semplice arrivare a una soluzione.
Resta il fatto che le vittime del “terrore rosso” di Menghistu non hanno ottenuto giustizia, a causa della pena di morte. E si spera che a nessuno venga in mente di farsela da sé incrociando i due “noti ospiti” mentre passeggeranno dopo quasi 30 anni per le strade di Addis Abeba.
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