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Egitto, udienza a porte chiuse per Patrick Zaki. Nessuna decisione ma resta in carcere

Dopo aver protratto per ore l’udienza i giudici della Procura per la sicurezza dello Stato non hanno comunicato ufficialmente la decisione sul caso di Patrick Zaki. Una sola la certezza. Patrick è ancora nella prigione di Tora. Da fonti a Il Cairo era arrivata già nelle prime ore del pomeriggio la notizia che la detenzione fosse stata rinnovata per altri 15 giorni ma i genitori del giovane e gli attivisti di Eipr, l’organizzazione di cui Zaki era stato ricercatore, non hanno potuto confermare perché nessuna autorità ha loro comunicato cosa fosse stato deciso dalla Corte.
Bisogna attendere l’ufficialità per poter essere certi che la custodia cautelare in carcere per lo studente egiziano dell’università di Bologna arrestato a febbraio all’aeroporto del Cairo proseguirà.
Il 27 enne di Monsoura era stato prelevato dalle forze di sicurezza non appena rientrato nel Paese. Propaganda sovversiva su Facebook e incitazione alla violenza le accuse che gli sono state rivolte.
L’udienza si è svolta a porte chiuse, neanche ai diplomatici italiani, dell’Ue e della Svizzera è stato possibile assistere.
Uno dei due legali che difendono Zaki, Walid Hassan, già mercoledì scorso aveva affermato che un prolungamento dell’arresto fosse probabile fornendo addirittura una percentuale. il 90%.
La preoccupazione che il 27enne potesse non essere liberato si è acuita quando, giovedì scorso, è stato trasferito dalla prigione pubblica di Mansura al complesso carcerario di Tora, alla periferia sud del Cairo.
“Se confermato sarebbe gravissimo che la Procura egiziana abbia negato l’accesso in aula ai rappresentanti delle ambasciate e in particolare a quella dell’Italia, che ha un ruolo nella vicenda di Zaki, essendo uno studente dell’Universita’ di Bologna. E’ un avvenimento che va stigmatizzato e il governo italiano deve farlo. E’ inoltre un segnale di protervia da parte delle autorita’ giudiziarie egiziane, che non fa ben sperare sull’esito di questo caso” ha il commento di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

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