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Egitto, dopo due anni la detenzione preventiva dell’avvocato Ramadan ricomincia da zero

La vicenda dell’avvocato per i diritti umani Mohamad Ramadan spiega nel modo più chiaro e crudele la finalità punitiva della detenzione preventiva in Egitto.
Arrestato il 10 dicembre 2018 (si noti, nella Giornata internazionale per i diritti umani), il 2 dicembre aveva ottenuto la libertà su cauzione per raggiunti limiti di tempo della carcerazione senza processo. Secondo la legge, oltre i due anni in attesa di giudizio non si può andare.
Ma basta una nuova falsa accusa per tornare, in un macabro gioco dell’oca, alla casella zero. L’8 dicembre all’avvocato Ramadan è stato notificato un mandato d’arresto in quanto indagato nel caso 467/2020 per “adesione a un’organizzazione terroristica”.
Uno si chiede: ma come ha potuto aderire dalla prigione? Semplice: dalla sua cella “ha scritto lettere con lo scopo di destabilizzare lo stato”.
Ah, per quale “crimine” era finito in carcere due anni fa? Per aver postato una foto in cui indossava un giubbotto giallo in segno di solidarietà con la protesta dei “gilet gialli” francesi.
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