Skip to content
Focus internazionale

“Donna, vita, libertà”, il grido inascoltato ma forte delle afghane

Zan-zendeghì-azadi” gridano, “Donna, vita, libertà” risuona per le strade di Kabul. Un gruppo di donne che fa parte del “Movimento di trasformazione della storia delle donne in Afghanistan” ha marciato coraggiosamente ieri a Kabul per protestare contro i recenti provvedimenti dei talebani nei confronti le donne, sempre più restrittivi. Manifestano per la sicurezza, i diritti,…

Zan-zendeghì-azadi” gridano,
“Donna, vita, libertà” risuona per le strade di Kabul.
Un gruppo di donne che fa parte del “Movimento di trasformazione della storia delle donne in Afghanistan” ha marciato coraggiosamente ieri a Kabul per protestare contro i recenti provvedimenti dei talebani nei confronti le donne, sempre più restrittivi.

Manifestano per la sicurezza, i diritti, la libertà di espressione e le libertà individuali e sociali delle donne afghane, “contro la dittatura e l’ estremismo dei talebani” gridano a gran voce, sfidando le minacce.
Le manifestanti non hanno risparmiato le loro accuse nemmeno a governi e organizzazioni internazionali, definendoli, di fatto, complici dei talebani.

Negli ultimi tre anni, il divieto di accedere all’istruzione, a cui sono state condannate le ragazze afghane, è stato accompagnato da reazioni a livello internazionale che si sono rivelate blande e inefficaci . Le stesse Nazioni Unite hanno più volte condannato la politica oscurantista degli uomini al governo e chiesto l’accesso delle donne all’istruzione, ma finora i talebani non hanno minimamente preso in considerazione le richieste.

Secondo il tredicesimo articolo della Legge entrata in vigore “Comandare il bene contro la diffusione del male”, che comprende otto commi, la voce e il volto delle donne sono considerati “awrat” cioè ” impuro, imperfetto” per cui è obbligatorio coprire tutto il corpo, nonché vietato far ascoltare la propria voce in pubblico.

Sono molte le organizzazioni femminili che non si arrendono all’oscurantismo della legge appena applicata, che impone insopportabili restrizioni alle donne e alle ragazze.

Le “Donne afghane per la giustizia e la libertà” sottolineano i loro sforzi nella lotta contro le leggi dei talebani che le privano di libertà e diritti, continuando a filmarsi e a pubblicare in rete i loro canti di libertà. Proprio il web sta diventando il “mondo altro” dove potersi rifugiare, in fuga dal mondo reale.
Maryam Marouf Arvin, attivista per i diritti delle donne, parlando all’Afghanistan Women’s News Agency in occasione della Giornata mondiale dell’alfabetizzazione, afferma che attualmente le ragazze in Afghanistan si trovano in una situazione catastrofica. “L’istruzione può essere una mappa e un faro per una vita migliore per le donne e le ragazze in ogni comunità, l’istruzione è uno dei diritti di cittadinanza più basilari di ogni persona, ma ora viene negato “.
L’UNESCO ha nominato I’8 settembre “Giornata per combattere l’analfabetismo e promuovere l’istruzione”. In Afghanistan, non solo non esiste un piano per combattere l’analfabetismo, piuttosto le ragazze sono state private dell’istruzione superiore, in tutto il paese, dai Talebani.

Sadaf vive a Kabul ed era una studentessa in una delle scuole pubbliche della capitale. Come centinaia di migliaia di altre ragazze, ha trascorso ogni giorno degli ultimi tre anni sperando nella riapertura della sua scuola, ma ormai dice di non avere alcuna speranza che le Nazioni Unite o il popolo afghano difendano i diritti delle donne e delle ragazze, ha perso tutti i suoi sogni.
Durante questo periodo ha sofferto di problemi mentali, di disturbi del sonno e di depressione. Per questo si è unita al grido delle manifestanti, per chiedere a gran voce almeno l’accesso all’istruzione. La sua amica Fatemeh aggiunge che “Vietare alle ragazze di andare a scuola ha avuto conseguenze negative non solo sulle donne, ma sull’intera società: delusione, depressione, perdita di prospettive di carriera e di istruzione, migrazioni forzate, aumento della violenza familiare e matrimoni forzati” sono le principali conseguenze del divieto di accesso all’istruzione delle ragazze afghane.

La poetessa e attivista per I diritti umani Somaia Ramish, con l’associazione
“Baamdaad – La Casa della Poesia in Esilio”, ha condannato i recenti provvedimenti dei talebani contro la poesia, l’arte e il diritto fondamentale delle donne di parlare in pubblico, definendoli misure “draconiane” che rappresentano un grave assalto contro la libertà di espressione, la creatività e l’essenza stessa della dignità umana, un tentativo feroce e barbarico di cancellare metà della popolazione afghana dalla vita pubblica e culturale, metà dell’identità del paese.

Nella sua ultima canzone Sonita Alizadeh, famosa rapper afghana, invita tutti a ribellarsi a questo oscurantismo violento, uomini e donne, così come lei ha fatto anni fa, rifiutandosi di diventare una sposa-bambina “Le nostre madri e le nostre sorelle meritano le crudeli leggi dei talebani? No?! Allora è tempo di parlare!”

Articoli correlati
Torna su