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Da Dakar a Parigi, polemiche per il travel ban della Francia alla panafricanista Nathalie Yamb

La “dame de Sochi”, al secolo Nathalie Yamb, potrà partecipare ancora al Summit Russia-Africa ma non mettere piede in Francia.

Nei confronti di questa attivista 53enne, originaria del Camerun e residente in Svizzera, oltre 200mila follower su Twitter e su Youtube, il governo di Parigi ha notificato un divieto di ingresso e soggiorno. La sua colpa? “Istigare gli adeicani”, si legge nel provvedimento giudiziario, “all’odio e alla violenza nei confronti della Francia e dei simboli francesi”.
Panafricanista e radicale, Yamb rivendica la denuncia di un “neo-colonialismo” di Parigi che sarebbe stato corredato di recente da messe in scena anti-russe (tali risulterebbero, stando ad alcuni suoi tweet, le ricostruzioni delle uccisioni a Bucha in Ucraina e a Moura in Mali, dove è finito sotto accusa il gruppo paramilitare moscovita Wagner). Il trasferimento in Svizzera ha seguito un’espulsione dalla Costa d’Avorio, dove l’attivista era stata accusata di “svolgere attività incompatibili con l’interesse nazionale”.
Il soprannome “la dame de Sochi” richiama la città in riva al mar Nero dove nel 2019 si tenne il primo Summit Russia-Africa (il prossimo è previsto nell’estate 2023 a San Pietroburgo).
“La Francia”, aveva detto in quell’occasione Yamb tra gli applausi della platea, “considera il nostro continente una sua proprietà”. A far discutere è ora il divieto di Parigi. Secondo l’editorialista senegalese Jean-Claude Djéréké, “vantarsi di continuo di essere la patria dei diritti umani e negare poi l’ingresso sul proprio territorio a una donna AFRICAna che ha solo detto ciò che pensa della politica africana della Francia significa avviarsi lungo il cammino della decadenza”.

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