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Covid-19 in Africa, diversità col resto del mondo ma stesso è più grave allarme

Per settimane e settimane, molti commentatori, anche autorevoli, ci hanno detto che il Continente africano sarebbe sfuggito all’ondata di Covid-19, che sta devastando le Americhe, l’Asia e l’Europa. Invece, purtroppo, il numero dei contagi e dei decessi sta esponenzialmente crescendo anche in Africa.

Più di 18 mila persone sono morte e più di 860 mila sono state infettate. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha recentemente dichiarato che la scorsa settimana si è assistito a un preoccupante incremento del 23% dei casi dichiarati di Covid-19 in Africa. Alcuni esperti temono che il continente più povero del mondo abbia cominciato a entrare nella fase critica dell’epidemia.

“La pandemia sta accelerando”, ha affermato anche Africa CDC. Con l’aumento della diffusione del virus, il pericolo è che gli ospedali, che non hanno i mezzi e il personale di quelli di Europa, Asia e Americhe, vengano travolti.

Come sappiamo già da qualche settimana, è quello che sta già succedendo in Sudafrica, il Paese più colpito del Continente, dove i casi registrati raddoppiano ogni due settimane e i reparti di terapia intensiva dei centri di cura di Johannesburg e Città del Capo sono al collasso. Di questo passo si rischia che entro l’inizio di agosto più di un milione di sudafricani sia infettato. I morti sono ormai più di 7 mila, un dato in rapida crescita, e i contagiati più di 452 mila. Il presidente Ramaphosa ha avvertito che poche parti del Paese saranno risparmiatedalla voracità del virus.  

Tra gli Stati maggiormente colpiti, più della metà dei casi si concentra in cinque Paesi, Sudafrica, Egitto, Algeria, Nigeria e Ghana, sebbene questo dato rifletta sicuramente in parte la maggiore capacità di questi Paesi di effettuare i test.

Secondo WHO, in 22 dei 54 Paesi del Continente i nuovi casi sono più che raddoppiati nell’ultimo mese e sono stati registrati notevoli aumenti in Etiopia, Kenya, Camerun e Gibuti. Un dato che preoccupa non poco è che, dopo un lungo periodo in cui la maggior parte dei contagi in Africa erano importati, spesso dall’Europa, adesso due terzi dei Paesi del Continente hanno registrato infezioni avvenute localmente.

Anche se il virus si diffondesse alla stessa velocità che in Europa o nelle Americhe, la buona notizia potrebbe essere che probabilmente in Africa sarebbe meno letale, perché la popolazione è più giovane. In Africa l’età media è di 19,4 anni, contro i 38 anni negli Stati Uniti e i 43 in Europa.

Studiando la distribuzione per genere ed età, la Surgo Foundation ritiene che in Africa il tasso di letalità del Covid-19, ossia la proporzione dei decessi tra i contagiati, sarebbe tra lo 0,1 e lo 0,15 per cento. Ma tenendo conto anche della scarsa qualità dei servizi sanitari, della mancanza di ossigeno e di respiratori, e delle possibili comorbilità, come l’hiv, si stima che il tasso di letalità raggiungerà un valore medio pari allo 0,55 per cento, con minimi dello 0,22 per cento nei Paesi dove le cose vanno meglio e picchi dello 0,76 per cento dove le condizioni sono peggiori. Negli Stati Uniti la letalità è dell’1,3 per cento (Fonte: Internazionale).

Tuttavia, augurandoci che le stime più basse siano quelle che vedremo, significa ugualmente che, se il 60 per cento degli africani dovesse ammalarsi, ne morirebbero più di quattro milioni.

Calcoli del genere sono, nel migliore dei casi, congetture, perchè le variabili sono tante, come i dati sulle malattie non trasmissibili, per le quali le informazioni sono spesso inesistenti, e fattori come la malnutrizione e l’hiv, per le quali mancano statistiche complete sui decessi.

Rispetto alla prima ondata di Covid-19 in Asia, Europa e Americhe, sembra, inoltre, che alcuni Paesi potrebbero avere un’alta incidenza di casi asintomatici, sempre per il fatto che la popolazione è più giovane.

In ogni caso rimane l’imperativo di effettuare più test. Il Sudafrica ne sta facendo circa 50 mila al giorno, e Paesi come Gibuti, Ghana e Marocco cercano di farne il più possibile. Tuttavia, da un’analisi della Reuters, è emersoche al 7 luglio i Paesi africani avevano fatto in media 4.200 tamponi per milione di abitanti, contro i 74.225 in Europa.

L’età media più giovane degli africani potrebbe ridurre l’impatto dell’ondata del Covid-19, in termini di letalità e per un numero maggiore di casi asintomatici. Questo è almeno ciò che ci auguriamo. Non per questo però possiamo permetterci di abbassare la guardia, soprattutto pensando alle condizioni di estrema precarietà di molti africani e alla scarsità e, a volte, alla inadeguatezza delle strutture sanitarie, del tutto insufficienti ad affrontare l’ondata di Covid-19.

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