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Covid-19, Gitahi (Ceo Amref): gli effetti domino della pandemia in Africa

Nairobi, quartier generale di Amref, una delle più grandi e importanti Ong sanitarie africane. Githinji Gitahi, Ceo global dell’organizzazione, analizza e racconta gli aspetti nascosti della pandemia di Covid-19 in Africa.
L’attenzione, ora che la tenuta e l’efficacia della risposta all’emergenza sembrano un fatto acquisito, va agli effetti domino post crisi sanitaria, guardando anche alle conseguenze economiche, alle violenze, al ruolo della scuola e alla controversia della sperimentazione del vaccino o di farmaci come il CopCov.
Ma gli africani, che hanno retto bene l’impatto con la pandemia, non sono spaventati dagli effetti domino che ne conseguono e sono pronti ad affrontarli rimboccandosi le maniche,
Nelle ore in cui nel Regno Unito riparte un trial sul controverso antimalarico ‘idrossiclorochina’ contro Covid-19 e la possibilità concreta che il medicinale possa essere somministrato agli operatori sanitari nell’ambito di uno studio clinico creato per testare la teoria secondo cui potrebbe prevenire l’infezione in Africa,  è opportuno porsi qualche domanda sugli effetti collaterali sollevati da altre ricerche sul trattamento di Covid-19.
Sebbene gli studi suggeriscano che l’idrossiclorochina non sia un salvavita per le persone che sono già malate, i ricercatori inglesi mirano a continuare a esplorare l’ipotesi che possa prevenire le infezioni. Lo studio CopCov vedrà la clorochina, l’idrossiclorochina o un placebo, somministrati a oltre 40.000 operatori sanitari, per lo più nel continente africano e in Sud America.
Attraverso questa intervista con il dottor Gitahi, una delle voci più autorevoli del mondo della cooperazione e dell’assistenza sanitaria nel continente africano,  facciamo il punto sulla situazione generale sulla pandemia partendo proprio da possibili sperimentazioni in Africa.

Dopo l’emergenza, sì parla di sperimentare possibili vaccini in Africa. Cosa ne pensa?
I vaccini possono essere testati ovunque, ed è ciò che dovrebbe essere fatto, dal momento in cui questo virus sta mutando e un potenziale vaccino potrebbe non avere lo stesso effetto in Europa come in Asia, o in Africa, o in America. Le comunità africane non hanno capito il perché di questa ipotesi, e io considero questa notizia un fallimento della comunicazione mondiale dettata dalla stigmatizzazione. Inoltre, gli africani devono partecipare – come tutti, ma soprattutto se sono direttamente coinvolti – alle decisioni. Questo non è successo. Detto ciò, l’Africa si sottoporrà al vaccino, come dovrebbe fare qualunque altro Continente, a condizione che il vaccino segua tutte le pratiche e gli standard etici, di produzione e di partecipazione.

Qual è la situazione generale dell’Africa al momento?
L’Africa non ha ancora raggiunto l’apice dei contagi. Adesso la curva è costante e i casi aumentano circa del 4% giornaliero. Probabilmente tra fine luglio e inizio agosto l’Africa conterà circa un milione di casi e 60.000 decessi. Una delle previsioni dell’OMS dichiara che in 12 mesi, il continente africano potrebbe perdere 150.000 persone a causa del COVID, e che il numero di casi continuerà ad aumentare almeno fino a marzo dell’anno prossimo.

Quali le ragioni di questa differenza rispetto ad altri continenti?
La mobilità urbana e interurbana è una delle principali cause di diffusione del COVID-19. Le possibilità e le ragioni di spostamento, nella maggior parte dei Paesi africani, sono limitate, e il virus è stato quindi circoscritto in molti casi. Inoltre, è stato universalmente riconosciuto che il lockdown è il modo più efficace per preservare la salute delle persone. Infatti, un ulteriore motivo per cui il continente africano sembra non essere al passo con gli altri continenti è dovuto all’abilità che molti Paesi hanno avuto nel rispondere prontamente alla pandemia con un lockdown parziale o totale.


Quali sono le sue maggiori preoccupazioni rispetto all’attuale crisi sanitaria?
Tutti i Paesi del mondo, compresi quelli che sembravano “in ritardo” rispetto all’andamento globale della diffusione del virus, lo vedono avanzare e raggiungere livelli alti di contagio. Per quanto riguarda l’Africa questa crisi è stata devastante per i settori sanitari e per le ricadute che ha avuto sui servizi materno-infantili, sulla continuità dei servizi per le malattie non trasmissibili, per i pazienti malati di HIV, per la pianificazione prenatale, postnatale e familiare o i servizi di sorveglianza e prevenzione nutrizionale, per esempio.

Quali sono le conseguenze economiche della pandemia?
L’80% dell’economia africana si basa su lavori informali, e moltissime persone vivono di sussistenza alla giornata. Meno del 20% della popolazione africana ha un’assicurazione sanitaria. I tamponi e la permanenza nelle strutture dedicate all’isolamento sono attualmente a pagamento nella maggior parte dei Paesi. La maggior parte delle piccole e medie imprese sono gestite da donne, soprattutto le imprese alimentari. Tale duro colpo avrà un effetto domino anche sui loro diritti e il loro ruolo – fondamentale – nella società. Le ragazze e i giovani devono scegliere tra l’acquisto dei preservati o della pillola anticoncezionale e l’acquisto del cibo, per esempio. Penso che queste siano le difficoltà nascoste della crisi. Non sono alla luce del sole, però sono altrettanto importanti.


In che modo il Coronavirus ha influenzato la vita delle donne africane?
Il COVID-19 ha avuto una grave influenza sulla disuguaglianza e sulla violenza di genere; fenomeni preesistenti che, tuttavia, hanno subito un grave aumento. Abusi fisici, sessuali, verbali, emotivi e psicologici, ma anche privazioni economiche o educative. In questo periodo è aumentato il numero di bambine e di giovani donne sottoposte alle mutilazioni genitali femminili (FGM). Inoltre, la chiusura delle scuole – notoriamente struttura di protezione per le bambine – rappresenta per loro un ulteriore fattore di rischio.

Quali altri conseguenze ha avuto la chiusura delle scuole sulla vita delle ragazze?

La nutrizione è un ulteriore problema, preesistente e legato in parte al sistema scolastico, che ha subito dei peggioramenti a causa del COVID-19. La scuola, infatti, oltre ad essere una struttura che ha sempre servito sia uno scopo educativo, sia il ruolo di proteggere i bambini e le bambine dal lavoro infantile forzato, dalle FGM, e dai matrimoni e gravidanze precoci, offre ai giovani anche un programma di nutrizione, ed è fondamentale per ridurre la malnutrizione all’interno delle comunità. Due ulteriori problemi legati alla chiusura delle scuole sono l’igiene mestruale e la salute sessuale e riproduttiva. Solitamente le scuole offrono alle giovani donne assorbenti igienici e profilattici. Tuttavia, la maggior parte degli istituti scolastici non ha adattato il sistema di distribuzione di questi beni alla pandemia. Queste necessità possono indurre la donna ad accedere alla prostituzione per vedere risposte dirette ai suoi bisogni. Purtroppo, è tutto collegato, come un effetto domino.

Grazie all’ufficio stampa di Amref per la collaborazione

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