Un’inchiesta condotta dai giornali “Mediapart”, “Mongabay” e dall’italiano “Domani” ha rivelato che il terminal petrolifero di Djéno, situato nella Repubblica del Congo e gestito dalla filiale locale di TotalEnergies, è al centro di accuse di gravi danni ambientali e sanitari. Le indagini, basate su documenti riservati ottenuti da “Climate Whistleblowers” (CW), un’organizzazione non governativa che protegge chi denuncia abusi legati alla crisi climatica, hanno messo in luce l’impatto devastante che le attività di gas flaring (bruciamento di gas in eccesso) hanno avuto sull’ambiente e sulle comunità circostanti.
L’enquête #BurningSkies a été menée par quatorze médias internationaux, coordonnés par le collectif de journalistes Environmental Investigative Forum (EIF) et le réseau de médias @EICnetwork, dont Mediapart est l’un des membres fondateurs.
— Mediapart (@Mediapart) September 29, 2024
Secondo l’inchiesta, il terminal di Djéno è fonte di inquinamento che ha gravemente compromesso la salute delle persone che vivono nella zona, in particolare gli abitanti del villaggio di pescatori di Djéno. Le malattie ambientali sono molto diffuse e comprendono cancro, dermatosi e problemi respiratori, tutti presumibilmente collegati alla contaminazione dell’aria e dell’acqua. Questo inquinamento ha inoltre distrutto parte dell’ecosistema costiero, mettendo a rischio specie già minacciate come tartarughe e ippopotami. Il danno ambientale è stato documentato in un Piano d’azione sulla biodiversità (PAB) elaborato nel 2016 per la controllata di TotalEnergies, in cui sono descritti vari incidenti di inquinamento e le loro conseguenze sugli habitat naturali.
Nonostante la consapevolezza del problema, le misure messe in atto da TotalEnergies per attenuare l’impatto dell’inquinamento sono state giudicate insufficienti e inefficaci. Nel 2019, un tribunale congolese aveva già condannato l’azienda a risarcire i danni e a ripulire la laguna di Loubi, una zona di grande valore biologico. Tuttavia, nel 2020, la Corte d’appello di Pointe-Noire ha sospeso temporaneamente l’esecuzione della sentenza, ritardando ulteriormente le azioni di bonifica. Qui un servizio del 2022 di “TV5Monde”:
Les habitants de Djeno en République du Congo s'alarment de la pollution dans la lagune de Loubi dans le sud-ouest.
La dépollution ordonnée par la justice et réalisée en 2020 par une filiale congolaise de TotalEnergies n'a pas été correctement effectuée selon les habitants. pic.twitter.com/GSIBVI5KzP— Le journal Afrique TV5MONDE (@JTAtv5monde) June 22, 2022
Le comunità locali, che vivono prevalentemente di pesca e agricoltura, continuano a subire gli effetti negativi dell’inquinamento, sia in termini di salute che di risorse naturali degradate. Climate Whistleblowers ha sottolineato l’urgenza di garantire trasparenza sulle questioni ambientali che riguardano l’interesse pubblico, chiedendo che studi come quello condotto nel 2016 diventino di dominio pubblico e che le popolazioni locali vengano adeguatamente informate.
“Il est impensable que ce type d’études environnementales ne soit pas systématiquement rendu publiques.”
Une enquête de @Mediapart et @MongabayOrg, qui s'appuie notamment sur des documents obtenus par @ClimateWhistles, révèle que le terminal pétrolier Djéno, opéré par une… pic.twitter.com/X3OWNGAO03
— Climate Whistleblowers (@ClimateWhistles) September 30, 2024
Il caso del terminal di Djéno si inserisce in una problematica più ampia legata alle pratiche di gas flaring, non solo in Congo, ma in tutta l’Africa e il Medio Oriente. Le rivelazioni fanno parte del progetto investigativo “Burning Skies”, coordinato dal collettivo Environmental Investigative Forum (EIF) e dalla rete giornalistica European Investigative Media Network. Questo progetto coinvolge 14 media internazionali, impegnati a denunciare i danni causati dal gas flaring in diverse parti del mondo.
Fadel Barro, membro del consiglio di amministrazione di CW, ha denunciato la situazione delle popolazioni africane, che spesso sono le prime vittime dell’inquinamento industriale, subendo le conseguenze di un modello economico che non le avvantaggia. Queste comunità, ha aggiunto Barro, sono tenute nell’ignoranza e prive di accesso a informazioni vitali, nonostante abbiano il diritto di conoscere la verità sui danni ambientali e ricevere un adeguato risarcimento per le perdite subite.
L’inchiesta sottolinea come spesso i whistleblowers, o informatori, svolgano un ruolo cruciale nel portare alla luce queste situazioni. CW, con il supporto di una rete internazionale di avvocati, giornalisti e attivisti, protegge e dà voce a queste persone, permettendo che le loro rivelazioni abbiano un impatto significativo sulla scena internazionale.
Il terminal petrolifero di Djéno rappresenta un esempio lampante delle sfide ambientali e sociali che accompagnano l’industria del petrolio in Africa. Nonostante l’impegno dichiarato di TotalEnergies nella gestione responsabile delle sue attività, i fatti riportati evidenziano gravi mancanze nel rispettare gli standard ambientali e proteggere le comunità locali. L’indagine ha posto l’accento sulla necessità di maggiore trasparenza e interventi concreti per mitigare i danni causati, proteggendo la salute delle persone e preservando la biodiversità.