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Burkina Faso, dopo il golpe il popolo chiede stabilità e pace

Il putsch dello scorso 30 settembre in Burkina Faso ha portato al potere un militare della stessa fazione di quello che è stato destituito. Le frontiere sono state riaperte, la televisione e i contatti esterni ristabiliti e una normalizzazione del Paese è attualmente in corso.
Questo golpe nasce, soprattutto, dalle attese tradite in termini di una efficace lotta contro l’integralismo islamico e di una conseguente e auspicata sicurezza, in un Paese ormai paralizzato e martirizzato da anni di attentati omicidi.

Tra gli elementi scatenanti, la carneficina, avvenuta qualche giorno fa, da parte dei terroristi islamici, di più di 50 civili e militari, che facevano parte di un convoglio umanitario – che è stato incendiato – e che trasportava viveri per le popolazioni del Nord del Paese. Anche il reiterato mancato pagamento degli stipendi ai militari, ne è, comunque, una ulteriore causa. Sullo sfondo, un sentimento anti francese – frutto di complesse politiche post-coloniali – che in questa congiuntura, si è ulteriormente esacerbato.
L’Ambasciata francese della capitale è stata in parte incendiata e saccheggiata. Stessa sorte, ma con meno danni strutturali, è toccata al Centro Culturale Francese di Bobo-Dioulasso, la seconda città del Burkina.

Qualche immagine del nuovo uomo forte del Paese, Ibrahim Traoré, e di come è stato accolto dalla popolazione scesa in strada al motto di < La patrie ou la mort, nous vaincrons> coniato dal mai scordato leader politico Thomas Sankara, assassinato nel 1987.

Speriamo che questa nuova congiuntura possa portare un po’ di pace in questo paese.

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