Con il libro “Bobo-Dioulasso”, Chiara Rigotti ci guida in un viaggio affascinante e profondo nel cuore pulsante di una città dove architettura e cultura si intrecciano in un tessuto vibrante e ricco di significato. Attraverso le sue pagine, l’autrice ci offre una visione intensa e dettagliata di un mondo in cui la terra e la calce non sono semplici materiali da costruzione, ma veri e propri protagonisti della narrazione.
Sin dalle prime righe, Rigotti ci introduce all’architettura della moschea, costruita con strati di calce e terra dei termitai vuoti, una scelta che simboleggia la resilienza e l’adattamento della comunità ai cicli della natura. Questa terra, infatti, è la più resistente che si possa trovare e rappresenta il legame profondo tra gli abitanti e l’ambiente che li circonda. Le guglie, interamente a misura d’uomo ma imponenti, somigliano ai tunnel di ventilazione dei termitai, evocando l’idea di un organismo vivo e in continua evoluzione.
Rigotti descrive con maestria il minareto degli uomini, una guglia svettante che cattura lo sguardo e invita alla riflessione sulla spiritualità e la comunità maschile, mentre il minareto delle donne, sebbene più basso, rivela una presenza altrettanto vibrante e significativa. Questo dualismo è emblematico di una città in cui tradizioni e ruoli sono ben definiti, ma in continua trasformazione.
L’interno della moschea, angusto e labirintico, è una isola di intimità e riflessione. La sua struttura essenziale riesce a isolare dal caldo torrido e dalla polvere dell’harmattan, creando un microcosmo in cui il tempo si dilata e l’anima trova spazio per contemplare. I pali di legno, perpendicolari alla facciata, non solo servono a rifare l’intonaco annualmente, ma simboleggiano anche la cura e la responsabilità collettiva della comunità nei confronti del proprio patrimonio culturale.
Rigotti non si limita a descrivere l’architettura: intreccia la narrazione con leggende locali come quella di Dolotier Sya, la fabbrica della birra di miglio, che rappresenta un elemento di orgoglio e socialità per gli abitanti. Questa birra, simbolo di convivialità, incarna il profondo senso di comunità. L’autrice riesce a rendere tangibile la sacralità del territorio, la cui terra è considerata inviolabile, una sorta di grembo che ospita la storia e la memoria di una lunga discendenza.
La coesistenza della moschea musulmana e del centro animista di Dioulasso Ba, separati da un viale trafficato, testimonia tensioni e armonie tra culture e religioni diverse. Le celebrazioni dei Bobo, con le loro maschere ritenute potenti amuleti di purificazione, portano in superficie l’essenza di una comunità che non dimentica le proprie radici. Rigotti mette a fuoco la capacità degli abitanti di attualizzare tradizioni e riti, trasformando gli spazi pubblici in luoghi di espressione culturale.
In “Bobo-Dioulasso”, Chiara Rigotti riesce a conferire voce a una città vibrante, facendola respirare tra le pagine. Il suo stile evocativo e ricco di dettagli invita il lettore a perdersi nei meandri di una cultura profonda, capace di fondere l’architettura alla spiritualità, fino a trasformare ogni pietra in un racconto di vita. Questo libro rappresenta un invito a riflettere sulla bellezza della connessione tra l’uomo e il suo ambiente, offrendo spunti di grande riflessione su come le comunità possono plasmare il loro destino e la loro identità.
Nota biografica dell’autrice
Chiara Rigotti è architetto e consulente internazionale, da più di 20 anni svolge un lavoro di progettazione e ricerca nell’architettura ecologica e sociale. Nel 2002, il suo percorso l’ha portata in Burkina Faso con Arquitectos sin Fronteras – Barcelona, dove si è dedicata alla costruzione di infrastrutture e alla formazione di maestranze locali tessendo un dialogo costruttivo tra la pratica architettonica e le sapienti tecniche tradizionali, imparando e insegnando al contempo. Ha realizzato diversi progetti in Burkina
Faso e in molti altri paesi africani tenendo sempre uno sguardo attento sulla natura del luogo e le sue potenzialita. Il suo studio di bioarchitettura nasce nel 2014, e dopo qualche anno ottiene il Terra Sahel Award 2019. Scrive e coordina progetti di cooperazione locale e internazionale, ha co-fondato Architettura senza Frontiere – Piemonte e ha deciso di trasmettere attraverso l’insegnamento quello che ha imparato nel suoi viaggi.