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Bernard Borrel, il giudice francese assassinato a Gibuti nel 1995

Ritengo opportuno ritornare sulla triste vicenda del giudice Borrel, barbaramente assassinato a Gibuti nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1995. Grazie alle informazioni fornite dalla vedova, dottoressa Elisabeth Borrel, sono in grado di ricostruire quel che è diventato un vero e proprio “affare di stato”.

Nel mio precedente articolo, pubblicato il 2 aprile su Focus on Africa, ho messo in evidenza che all’inizio le autorità francesi avevano optato, probabilmente in malafede, per l’ipotesi del suicidio. Solo il 19 giugno 2007, dopo che la vedova Borrel è stata ricevuta all’Eliseo dal presidente Sarkozy, Jean-Claude Marin, procuratore della Repubblica di Parigi, ha emesso un comunicato ufficiale, nel quale ha dichiarato che il giudice Borrel è stato assassinato. Nonostante questa dichiarazione, il governo francese ha continuato a mettere i bastoni tra le ruote ai magistrati, rifiutandosi più volte di consegnare i documenti più importanti, quelli tra il 1994 e il 1998, con il pretesto che si trattava di documenti coperti dal segreto di stato. Poiché dopo 25 anni questi documenti sono ancora coperti dal segreto militare, alcune persone hanno ipotizzato che Bernard Borrel avesse scoperto un traffico di uranio, materiale che serve per la fabbricazione di ordigni nucleari. In questo caso, infatti, il segreto di stato può durare anche cento anni o essere addirittura a tempo indeterminato. In effetti, subito dopo la morte del giudice, sua moglie ha trovato nelle sue carte un documento manoscritto con una lista di aziende che fabbricavano l’uranio.

Il 4 dicembre 2014 avviene un fatto molto grave: i principali elementi di prova, tra i quali i pantaloncini che Borrel indossava al momento dell’omicidio, che erano conservati nei locali del tribunale di Parigi, vengono distrutti, ufficialmente per errore. In realtà, qualcuno ha voluto far sparire le prove della colpevolezza degli assassini, poiché sui pantaloncini del giudice assassinato c’erano le tracce del DNA di due persone, sicuramente i suoi carnefici che, dopo averlo ucciso, hanno dato fuoco al suo corpo.

Il 16 marzo 2020 il tribunale di Parigi emette una sentenza molto importante: lo Stato francese è condannato a versare alla famiglia Borrel 140.000 euro come risarcimento per due colpe gravi commesse dalle autorità nel corso dell’inchiesta, colpe che hanno impedito finora di giungere alla verità sui mandanti e sugli esecutori materiali dell’omicidio. Il primo errore grave è stato commesso nel 1995, quando si è deciso di seppellire il cadavere senza praticare l’autopsia. Il tribunale di Parigi dichiara che “la scoperta di un corpo carbonizzato in un luogo difficilmente accessibile giustifica ampiamente il ricorso immediato all’autopsia, allo scopo di permettere la scoperta di indizi utili alla manifestazione della verità. Il fatto che la sepoltura di Bernard Borrel sia stata fatta senza praticare l’autopsia, nonostante il caso fosse già stato affidato alla procura della Repubblica di Tolosa, costituisce in tutta evidenza una colpa grave del servizio pubblico della giustizia”. Il secondo errore riguarda la distruzione di alcune prove decisive, come l’accendino ed i pantaloncini di Borrel, sui quali erano state trovate le tracce del DNA di due persone, avvenuta come abbiamo già detto nel dicembre 2014.

Questa sentenza del tribunale di Parigi è solo un primo passo verso la scoperta della verità: ancora oggi infatti, dopo 25 anni, i responsabili dell’omicidio Borrel rimangono ignoti. L’inchiesta è attualmente nelle mani del giudice istruttore Cyril Paquax, che il 27 novembre 2018 ha richiesto un importante documento in possesso del ministero della difesa; il 17 ottobre 2019, però, la Commissione nazionale sul segreto militare ha dato un avviso sfavorevole alla declassificazione del documento richiesto dal giudice istruttore.

La vedova Borrel e i suoi due figli, insieme ai membri dell’Associazione Collectif Secret Défense, continuano a chiedere alle autorità francesi la rimozione del segreto militare, affinché la verità venga finalmente alla luce. Speriamo che il presidente Macron, che di recente ha permesso ad alcuni storici di avere accesso agli archivi segreti relativi al genocidio del Ruanda, faccia lo stesso anche per il caso Borrel.

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