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Algeria, libertà provvisoria per Karim Tabbou e altri prigionieri di coscienza

Karim Tabbou (nella foto), segretario dell’Unione democratica e sociale, un partito di opposizione vicino al movimento di protesta “Hirak” che ha infiammato l’Algeria dal febbraio 2019, contribuendo in modo determinante alla fine dell’era Bouteflika, è stato posto in libertà provvisoria giovedì 2 luglio alla vigilia della Festa dell’indipendenza.  
 
Tabbou era stato arrestato una prima volta l’11 settembre 2019 e accusato di “attentato al morale dell’esercito”, reato per il quale sono previsti fino a 10 anni di carcere. 
 
Rilasciato il 25 dello stesso mese, era stato nuovamente arrestato il giorno dopo per “istigazione a commettere atti di violenza contro la difesa nazionale” e “attentato all’unità nazionale”: il tutto, solo per un video postato cinque mesi prima sulle rivolte in corso ne paese.  Il processo di primo grado per questi “reati” si è concluso il 24 marzo con una condanna a un anno di carcere. L’altro, il più pesante, si terrà a settembre.
 
Sono tornati in libertà in attesa del processo altri due prigionieri di coscienza: Samir Benlarbi e Amira Bouraoui. 
 
Il primo, un attivista politico arrestato il  7 marzodi quest’anno, è accusato di “attentato all’unità nazionale” e “istigazione a manifestazione non armata“. Anche lui rischia 10 anni di carcere. 
 
La seconda, leader del movimento “Barakat” sorto nel 2014 per impedire all’ex presidente Bouteflika di correre per un quarto mandato, era stata condannata appena due settimane fa a un anno di carcere per “vilipendio nei confronti del presidente della Repubblica”, Abdelmadjid Tebboune, in carica dal dicembre 2019.
 
Nonostante questi rilasci rimangono in carcere, secondo le organizzazioni per i diritti umani algerine, oltre 50 attivisti “colpevoli” di aver espresso le loro opinioni online o durante le manifestazioni del movimento “Hirak”.
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