Skip to content
Primo piano

Afghanistan, quando la voce fa paura

I talebani si mostrano duri e puri, prendere o lasciare, tanto è con loro che ora i governi stranieri devono relazionarsi.

IL VIZIO E LA VIRTÙ – La “linea rossa” invalicabile dell’Emirato: non c’è possibilità di compromesso sulla Sharia.
La discriminazione sistematica nei confronti delle donne in Afghanistan sta raggiungendo livelli paradossali. Il governo talebano attua giorno dopo giorno una repressione così brutale da privarle dei loro diritti umani fondamentali e da ieri, per le afghane, anche far sentire la propria voce è diventato un reato perseguibile.


I 35 articoli della Costituzione dell’Emirato Islamico, promulgati mercoledì scorso, 21 agosto, coprono e controllano ogni aspetto della quotidianità, i trasporti, la musica, la vita sociale, la fruizione del web e dei canali televisivi, impedendo di fatto qualsiasi forma di libertà.
L’articolo 13 è quello che sta gettando un velo ancora più nero sugli afghani: alle donne viene proibito di cantare, recitare e declamare poesie in pubblico, poiché la loro voce potrebbe destare desiderio. È troppo intimo ascoltare il canto femminile, le donne non devono indurre in tentazione e celare la voce è considerato parte della loro modestia. Una onesta donna non ha nemmeno il diritto di ridere in pubblico.
Le donne rappresentano la tentazione, il vizio da contenere e reprimere. Non hanno diritto di far sentire la propria voce, in nessun senso e in nessun modo, ridotte ad un silenzio assordante.
E’ un tragico medioevo, in un paese da sempre sensibile al linguaggio della poesia accompagnata dalla musica e al canto, una depravazione culturale inestimabile.
Ancora, l’articolo 13 ribadisce che, oltre all’obbligo della copertura totale del corpo con un hijab integrale, “per prevenire la tentazione e mantenere la virtù” le donne devono celare anche il viso con una maschera, magari quella antiCovid, in presenza di uomini che non appartengano alla loro famiglia. Si consiglia poi vivamente alle donne di restare in casa e non uscire, se non in caso di necessità, e mai da sole, pena ammonimenti severi e pene detentive. Quindi senza un maharam, un uomo di famiglia, che la accompagni, una donna afghana non può più viaggiare o prendere un mezzo di trasporto.

A tre anni dal ritorno dei Talebani, il divieto, che era già stato messo nero su bianco da tempo, è stato ora ratificato dal leader supremo Hibatullah Akhundzada, che ne ha approvato l’attuazione.
Le autorità locali, religiose e i rappresentanti anziani delle tribù riuniti a Mazar-e-Sharif, insieme ad Hanafi, hanno sottolineato che Sharia e Hijab sono le linee rosse di moralizzazione fondamentali dell’ Emirato, di fatto escludendo qualsiasi possibilità di trattativa e di compromesso.
L’attuale ministro del Vizio e della Virtù
Mohammad Khalid Hanafi ha spronato i suoi funzionari a implementare e a far rispettare la legge promulgata, aggiungendo “Dio ci perdoni, se mai qualcuno si rifiuterà di promuovere la virtù e prevenire il vizio, o l’uso dell’hijab, ma in cambio vorrà avere rapporti con noi e riconoscerci, perché ci saremmo sacrificati per venti anni?”
In un’altra parte del suo discorso, Hanafi
ha aggiunto “Le organizzazioni per i diritti umani interferiscono negli affari interni dell’Afghanistan, specie per quello che riguarda le restrizioni per le donne, mentre ignorano la guerra a Gaza e l’uccisione di donne e bambini in Palestina”.

In sostanza, è una prova di forza che l’Emirato fa sulla pelle degli afghani. Si mostrano duri e puri, prendere o lasciare, tanto è con loro che ora i governi stranieri devono relazionarsi. Non dimentichiamo che nell’ultimo vertice a Doha hanno chiesto e ottenuto, da parte delle Nazioni Unite, che nessuna donna fosse presente al tavolo delle trattative.
Una vergogna passata sotto silenzio, un riconoscimento intollerabile ad un regime che sta calpestando i diritti basilari delle donne afghane e degli afghani tutti.

Articoli correlati
Torna su