L’Afghanistan è un paese dove le donne sono spesso sacrificate a causa di guerre, violenza religiosa, scarso sostegno da parte della società e leggi di genere troppo legate alla tradizione, un paese dove le donne vorrebbero non essere mai nate donne, ma che tuttavia non perdono mai le loro speranze e lottano da sole contro i Talebani per i loro diritti.
Era il 20 Dicembre 2022, stavo andando all’Università di Herat per le mie lezioni di Arte, quando ho notato che le studentesse stavano fuori del cancello d’entrata dell’Ateneo. Alla mia domanda su cosa fosse successo, la risposta è stata ” La crudeltà dei Talebani ci sta sacrificando nuovamente. Ci stanno bruciando le speranze e il duro lavoro fatto negli ultimi venti anni. Non ce lo meritiamo, l’educazione è un nostro diritto”, così mi ha detto una ragazza con le lacrime agli occhi. Sono rimasto scioccato, soprattutto dall’aspetto innocente della ragazza, che chiedeva semplicemente che venisse concesso un diritto di base, l’istruzione. Ad Herat c’erano studentesse provenienti da diverse province del paese. Mi sono seduto per terra per un attimo, è stato uno dei momenti più tristi della mia vita. Ho visto ragazze che piangevano e altre che cercavano di dare coraggio alle compagne.
Per me che sono un artista che ritrae spesso immagini di vita quotidiana della società afghana, queste scene erano davvero incredibili. Prima di allora avevo rappresentato scene del genere solo per sentito dire, mi erano arrivati racconti, come se fossero leggende lontane, ma stavolta tutto avveniva davanti ai miei occhi. Qualcuno avrebbe dovuto ritrarre le mie lacrime in quel momento. Mi sono alzato per confortare le mie compagne di corso, per manifestare la mia partecipazione, ho visto fratelli abbracciare le sorelle, madri piangere per il futuro delle figlie, padri senza speranza che asciugavano le lacrime.
Da afghano ho visto, purtroppo, altre scene di dolore, dopo un bombardamento per esempio, dove le persone cercavano aiuto piangendo, ma questa scena è stata diversa da tutte le altre. Ciascuno era senza speranza, senza possibilità di dare o ricevere aiuto. Piangevano tutti, tutti. La sorella di un amico, studentessa di medicina, mi ha detto “Ho perso tutto, non ho più niente da sperare. Credo che nascere in Afghanistan sia l’incubo peggiore per una donna. Mi auguro di morire oggi, dopo che i Talebani ci hanno espulso dall’Università. Al mondo non importa niente di noi, ci hanno lasciato ai Talebani, non hanno fatto nulla quando hanno espulso le ragazze dalla scuola, ora ci riservano lo stesso silenzio, al massimo ne parlerà qualcuno per qualche giorno…”.
Avrei voluto immortalare la sua espressione, ero pietrificato da quelle parole, aveva ragione, ha ragione. Non ho potuto fare niente per lei, per loro. Questo giorno ha segnato la fine dell’Afghanistan. Ho lasciato l’Università, non posso sopportare di frequentare un posto vietato alle mie sorelle. L’educazione deve essere per tutti. L’educazione conta. Le ragazze afghane contano.
Il mondo dovrebbe rendersi conto che l’accordo di Doha con i Talebani è stato un enorme errore e questo è stato il terribile risultato.
Alziamo la voce degli Afghani, delle nostre sorelle, senza le quali non abbiamo futuro”